Titanic torna al cinema: per tre giorni, da oggi, lunedì 8 ottobre, a mercoledì 9, distribuito da QMI Stardust, sarà possibile rivedere in sala il capolavoro di James Cameron, nonché maggior incasso nella storia del cinema. Dicono siano vent'anni, in realtà sono ventuno, ma l'occasione si trova sempre per rivederlo in sala. Noi celebriamo l'uscita pubblicando un frammento della recensione - dedicata al rapporto fra uomo e macchina nel film e nel cinema di Cameron - che Bruno Fornara dedicò al film, nel numero 371 di Cineforum. Qui puoi acquistare il numero in questione.
--------------------------------------------
Con Titanic, Cameron retrocede, per la prima volta, nel nostro passato fino a ritrovare il momento di svolta là dove finisce un mondo e ne comincia un altro, il nostro, dominato dalla tecnica, momento segnato da un naufragio, da un fallimento che è fine e principio. Sul confine tra il mondo della belle epoque, quello della fatua credenza dogmatica nel progresso, e il nuovo mondo della prepotente e terribile autonomia della tecnica sta il contraddittorio naufragio del Titanic. Il Titanic affonda perché l'uomo crede di poter dominare la tecnica, crede che la tecnica sia inaffondabile. Sciocca presunzione: quando è l'uomo a voler governare il più grande oggetto in movimento mai costruito da un uomo, sarà l'uomo, non la tecnica, ad affondare. A 3821 metri sotto il mare dormono le illusioni degli uomini dell'era che aveva appena cominciato a conoscere la tecnica e che credeva di poterla sottomettere.
[…] Quando il Titanic di Cameron si inabissa, è al Maelstrom, al vortice e al risucchio che bisogna sfuggire. Rose e Jack salgono in alto, sopra la poppa che sta su, fuori dell'acqua, e attendono che il troncone della nave si inabissi. Cameron, in questa scena, è dominatore della tecnica. Sottomette il cinema industriale, la potentissima e costosissima macchina del cinema, al suo volere. Deve, e ci riesce, mostrare la potenza dell'apparato tecnologico capace di costruire una situazione così strepitosa e, al tempo stesso, trasformare questa potenza in magia, cuore, sentimento. Tecnica e magia, insieme.
Scrisse Junger: «Mi piace immaginare il cinema come qualcosa che riguarda il rapporto tra tecnica e magia. Un rapporto ancora tutto da sondare, anche dal versante del pubblico». E ancora: «La tecnica è la magica danza che il mondo contemporaneo balla. Possiamo partecipare alle vibrazioni e alle oscillazioni di quest'ultimo soltanto se capiamo la tecnica. Altrimenti re- stiamo esclusi dal gioco». Cameron mette davanti ai nostri occhi la magia del cinema, la potenza della tecnica, la richiesta e la speranza di conservare un cuore (il diamante di Rose non si chiama il «Cuore dell'oceano?). Cameron sta di molto sopra ai tanti tecnici che giochicchiano con gli effetti speciali. Altro che bricolage e uso ludico e postmoderno degli effetti speciali. Cameron usa mostra domina la tecnica (e finora non ha mai fatto naufragio: i suoi film si rifanno dei soldi spesi). La tecnica è la sua magia. E il suo cinema tecnologico e strabiliante a mostrare il cuore del problema: come si possa far sopravvivere il cuore nell'era del dominio della macchina.
Che ci vogliano tecnica e cuore non ci sono dubbi. Il naufragio del Titanic ci viene mostrato, all'inizio, in rigide e fredde immagini di sintesi. I tecnici della nave al lavoro per recuperare i tesori del Titanic affondato mostrano su un monitor a noi e alla vecchissima Rose (103 anni, tanti quanti il cinema e Ernst Junger) come sono andate le cose, come la nave si è spezzata, la parte di poppa si è alzata dritta in su e quindi si è inabissata. La verità del naufragio non sta, però, in quelle immagini piatte e tecniche. La verità la sa Rose ed è il cinema ipertecnologico di Cameron a permetterle di mostrarcela. La tecnica che Cameron usa a piene mani e a centinaia di milioni di dollari indica e insieme smaschera la freddezza della tecnica e mostra due cuori sopra l'oceano, aggrappati alla ringhiera di poppa, decisi a salvarsi (non più a morire, come voleva morire Rose).
[…] Tecnica come tecnica, arte e poesia: Cameron col suo Titanic naviga, senza naufragare, intorno a queste tre parole che una volta stavano in un'unica parola, techne. Potremmo dire anche noi, rivolti a lui: «Non male per un umano», come dice Bishop, l'androide, anzi la persona artificiale dimezzata da un morso della Regina aliena ma non ancora "terminata" (le macchine fanno più fatica degli uomini a morire), quando si rivolge sul finire di Aliens - Scontro finale a Ripley, la donna salvatrice che per salvarsi da un naufragio spaziale si è dovuta trasformare in donna-macchina.