Buon compleanno, Eva Marie!

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Lo scorso 4 luglio, Eva Marie Saint ha compiuto gli anni. Un traguardo importante, una cifra bella tonda con due zeri che ne fa la perfetta coetanea di Marlon Brando, di cui fu partner in Fronte del porto (1954) di Elia Kazan. Fu quello, dopo parecchia gavetta a teatro e in televisione, il suo esordio al cinema, e fu subito Oscar come attrice non protagonista. Lì interpretava una donna dimessa, pratica, working class, ma è rimasta poi nella memoria e nei cuori del pubblico per il ruolo della sofisticata, solo apparentemente ambigua Eve Kendall di Intrigo internazionale (1959) di Alfred Hitchcock: al netto degli intrighi spionistici, la persona ideale con cui si vorrebbe dividere un pasto nella carrozza ristorante del Rapido per Chicago. Di Intrigo internazionale (e anche del personaggio interpretato da Eva Marie Saint) ne ha scritto Giuseppe Bortone nel n. 410, dicembre 2002 di «Cineforum», in un saggio di cui proponiamo un ampio stralcio. Happy Birthday Eva Marie!

 

 

«Cineforum» n. 410, dicembre 2002

 

Intrigo con doppio fondo

Miti d'oggi e persuasori di ieri: rivedendo North by Northwest di Alfred Hitchcock

 

Giuseppe Bortone

 

Nel 1957 uscì in Francia una raccolta di brevi scritti di Roland Barthes intitolata Mythologies, tradotta successivamente in italiano col nome di Miti d’oggi. Oggetto dell’analisi di Barthes erano i più vari miti dell’epoca, dal più famoso modello della Citröen al Tour de France, dai saponi ai detersivi, dalle materie plastiche alle creme di bellezza. Fu una tappa per quella che è stata chiamata la critica delle comunicazioni di massa. Questa critica stava attraversando un momento di passaggio assai significativo perché nello stesso anno un sociologo americano, Vance Packard, scrisse un altro libro destinato a lasciare il segno: in esso si utilizzavano strumenti culturali diversi da quelli di Barthes, ma il terreno dell’indagine era in parte analogo. Il suo studio, dedicato soprattutto alla pubblicità nei suoi aspetti più pervasivi e manipolatori, rimane il testo critico, di denuncia, più importante sul tema: e suscitò, allora, grande scalpore, a partire dagli Stati Uniti. Si intitola I persuasori occulti.

Un anno dopo l’uscita del libro, nell’agosto del 1958, Alfred Hitchcock cominciò la lavorazione di Intrigo internazionale (North by Northwest), che si concluse rapidamente entro l’anno: il film uscì nel 1959. La sua struttura profonda, che sostiene e spiega quella emergente, risulta sostanzialmente indecifrabile se non si fa riferimento al libro di Packard.

Gli uomini in grigio di Madison Avenue - Il tema fondamentale dei Persuasori, variamente approfondito e modulato, è: i pubblicitari stanno costringendo i cittadini americani a comprare troppo, a consumare male, facendogli subire prodotti spesso inutili a prezzi incongrui. Tutto ciò, attraverso delle tecniche allora nuove: l’uso della televisione, e soprattutto quello delle emozioni segrete, delle associazioni incontrollabili, delle metafore e dei dettagli che sfuggono al livello della coscienza. Queste tecniche, dice Packard all’inizio del suo libro, portano «nuova gloria, potere e prosperità ai persuasori di professione dell’industria americana, e in particolare agli specialisti col vestito grigio, della newyorkese Madison Avenue».

Il film comincia in una centralissima strada di New York, con un protagonista che ha un vestito tutto grigio, e grigia anche la cravatta. Manterrà questa divisa, senza che praticamente lo spettatore se ne accorga durante quasi tutta la vicenda, in modo sostanzialmente inverosimile e nel corso delle più mirabolanti avventure. Questo protagonista è un pubblicitario. E mentre noi siamo subito presi dal fascino di Cary Grant, Roger Thornhill – questo è il nome del personaggio – spiega nelle prime battute, con le quali fa il suo ingresso nel film, come bisogna sfruttare la televisione per guadagnare più soldi, Incarica la segretaria di mandare in regalo dei cioccolatini che costino poco, «ma avvolti in carta dorata» in modo da suggestionare la destinataria «facendo in modo che pensi di mangiare quattrini».

La segretaria stessa gli dà del bugiardo per la sfacciataggine con la quale inganna un tizio per avere la precedenza su un taxi. Poco dopo comincia, per questo manipolatore di professione, una serie di veri e propri tormenti. Ma chi, perché e come, tormenta Thornhill?

Mercedes, Philips, Kendall - Sequestrato per sbaglio, considerato da una banda di assassini un pericoloso nemico che deve confessare ad ogni costo, il protagonista viene forse picchiato, torturato, ferito? No, è solo costretto a bere un liquore. A berne troppo, anzi. Decidono di ucciderlo. Pistole, veleno, affogamento? Neanche per idea: l’obbligo di andare in macchina. Una macchina qualsiasi? No, una macchina costosa. Per di più, una macchina costosa che porta il nome erotico e seduttivo di una donna: Mercedes. “Pubblicità e sesso” s’intitola uno dei capitoli del libro di Packard. È ovvio. Altrettanto ovvio è che il sociologo individui due tipi di merci essenziali, strategici, per l’azione dei persuasori: i liquori e le automobili.

Meno ovvio è il fatto che Hitchcock aderendo all’oggetto specifico del film, oltre che a una sua poetica preesistente, parli dei persuasori occulti in modo occulto: utilizzando cioè le loro stesse tecniche, che del resto aveva largamente anticipato. Non è facile infatti, già dall’inizio, registrare l’evidenza: Thornhill, manipolatore di professione, viene subito e così tipicamente manipolato, da essere costretto a bere troppo liquore, e a guidare una macchina seducente e costosa. Torna poi nella casa dei tormenti, cioè dei consumi obbligati. Ma è sconfitto da un particolare curioso: là dove c’erano i liquori, si trovano invece dei libri.

Oggi potrà sembrare strano, ma l’arma segreta della persuasione occulta in quella fase di passaggio, nell’America degli anni 50, era proprio l’alleanza inedita tra bassa speculazione e alta cultura. Il mago dei maghi, Ernest Dichter, operante a New York, era laureato in filosofia e nato a Vienna, dove si era occupato, seppure non professionalmente, di psicoanalisi. Pierre Martineau, che lavorava a Chicago, non solo spendeva centomila dollari l’anno (del 1957) in studi psicologici sui consumatori, ma utilizzava la sociologia di Durkneim e la filosofia delle forme simboliche di Cassirer. Edward Weiss, della Weiss and Geller, pure installato a Chicago, teneva duecentocinquanta volumi (fra gli altri, Pavlov e Reich) nella biblioteca della sua agenzia pubblicitaria, e pretendeva che i suoi dipendenti li leggessero. Si tratta di protagonisti, nell’ambito del fenomeno descritto da Packard: i libri che sconfiggono Thornhill spiegano dunque, più che sostituire, il liquore forzato e la macchina seduttiva.

Il tormento continuo, metafisico, è però, per il protagonista, quello di venire scambiato per un non/essere, l’inesistente Kaplan. Ma Kaplan viene inventato dalla Cia, nonché perseguitato dalle spie manipolatrici, sulla base di continui spostamenti nella mitica atmosfera dei grandi alberghi di lusso: tra fattorini ossequienti, cameriere servizievoli, perfino telefoni dorati, uno dei quali viene utilizzato da Thornhill al Plaza di New York. Ed è in quest’atmosfera ovattata e mitica che il protagonista viene trascinato, proprio al Plaza di New York all’inizio, poi all’Ambasciatori di Chicago con Eve Kendall (Eva Marie Saint), a metà film. All’epoca i consumatori americani venivano risucchiati verso prodotti relativamente comuni attraverso l’associazione visiva di questi ultimi con l’agognata vita dei ricchi. Il whisky Calvert si presentava circondato da raffinate aragoste, le automobili Chevrolet apparivano sulla diffusissima rivista «Life» affiancate da snobistici ippodromi. Thornhill è obbligato a frequentare il Plaza e l’Ambasciatori quasi come in un sogno, o in un incubo; in ogni caso, come puro non/essere, Kaplan appunto. La pseudo esistenza di quest’ultimo e stata creata, d’altra parte, proprio e solo attraverso l’ossequio degli inservienti e le registrazioni dei portieri.

Inseguendo il non essere Kaplan sul treno per Chicago, e fuggendo da New York dopo l’episodio dell’Onu, Thornhill arriva addirittura a identificarsi con una comunissima marca di prodotti elettronici, la Philips. Così infatti dichiara di chiamarsi, durante la cena erotico/ironica nel vagone ristorante. Ma l’ambigua, seducente rivale, che lo smaschera subito, è una sorta di proiezione del suo stesso mestiere, che lo illude e manipola: tanto da ricordare oscuramente la pericolosa Mercedes dell’inizio. Come la macchina, infatti, ha un nome, Eve, che richiama la femminilità, il sesso, non attraverso l’esotismo, in questo caso, ma attraverso il peccato. Ma, sempre come la macchina, associa erotismo e consumo: poiché Kendall, il suo cognome, è il nome di una benzina, molto reclamizzata all’epoca. Chiuso nel portabagagli, il protagonista chiede dell’olio d’oliva: per trasformarsi – di nuovo – in un prodotto di largo consumo, le sardine in scatola. Lei gli fa eco, questa volta, aprendo inverosimilmente io stesso portabagagli con un vero e proprio apriscatole, vistosamente sottratto al cameriere. Il capitolo dei Persuasori dedicato alla manipolazione più profonda, quella che punta a modificare il carattere e i rapporti umani, s’intitola precisamente “L’anima in scatola”.

[…]

Giallo-rosa e grigio-ferro - Due espressioni scherzose, che i protagonisti usano in momenti diversi del film a proposito l’uno dell’altra sono, se si tiene conto del contesto generale, più serie di quello che sembra. Viceversa i drammatici e contraddittori slanci erotico sentimentali che caratterizzano mister “rot” e miss “Kendall” sono visti da Hitchcock con una certa sotterranea ironia. «Quella donna sparge la sua sensualità come se fosse Ddt», dice Thornhill al Professore mentre partono insieme dall’aereoporto di Chicago. La vera, impercettibile sostanza della battuta è data dalla presenza degli aerei, che proprio in quel momento rombano intorno ai due con grande evidenza di eliche e di ali. L’immagine di Eve viene cioè occultamente associata a quella dell’aereo disinfestatore, che sparge per l’appunto un insetticida.

Il secondo scherzo più serio di quel che sembra caratterizza l’unica scena del film in cui i due protagonisti si baciano. Durante la prima parte della vicenda, nel vagone letto di Eve, al momento del massimo erotismo lei lo apostrofa teneramente «Sei un pubblicitario, fai innamorare le donne che non ti conoscono» e, subito dopo «Forse sei un vero assassino, potresti uccidermi». Lui replica, nello stesso tono, dicendo prima che la ucciderà effettivamente; poi, che chiederà un aumento di stipendio. Soprattutto, per quanto vistosamente emozionato ed esplicitamente desideroso di fare l’amore, Thornhill non pensa neanche per un attimo a togliersi la giacca grigia o ad allentare leggermente il nodo della pur grigia cravatta. Del resto il corridoio del treno, dentro il quale i due si erano incontrati per la prima volta, era stato ripreso in modo da sembrare l’interno di un grande tubo di metallo grigio. Nel colorato vagone ristorante, dove i protagonisti mangiano insieme, cercando a turno di imbrogliarsi sulle rispettive identità, dietro Thornhill campeggia sempre una lastra di materiale grigio. Il fiume Hudson e il cielo, che scorrono dietro il finestrino, diventano e restano grigi, quando arrivano loro: non lo erano prima, addolciti dal tramonto, e non lo sono dopo, quando Vandamm e il suo complice Leonard guardano il panorama dal loro scompartimento. Durante l’agrodolce separazione alla stazione di Chicago, ambedue i protagonisti sono inquadrati da una lastra di marmo, grigia. È vero che alla fine Thornhill affronterà in maniche di camicia il freddo notturno del monte Rushmore: con una inverosimiglianza speculare, e altrettanto metaforica, rispetto a quella della cravatta grigia sempre perfettamente annodata nella più totale ubriachezza, durante la seduzione da parte di Eve o nel corso della lotta contro l’aereo.

Il grigio, anticolore per eccellenza, è l’ossessiva espressione cromatica della manipolazione manipolata, cioè di Thornhill stesso durante tutto il film. Il bianco sfavillante della camicia sullo sfondo della scena notturna sembrerebbe rappresentare efficacemente l’opposto: cioè un’autonomia ritrovata grazie all’amore e cromaticamente ribadita nell’ultima sequenza che si svolge, di nuovo, in uno scompartimento ferroviario. In questa scena, accanto a Thornhill, sempre in camicia bianca, Eve compare, anche lei in bianco, con un effetto di purezza sessuo/nuziale opposto e speculare rispetto a quello del vestito nero/ingannatore che indossava nel primo incontro, anch’esso ferroviario.

Eppure, il protagonista invisibile di questo film a colori resta il grigio.