Ottani, ma non per mia volontà.
Avrei voluto parlare di sangue e proiettili, sfruttando la recente messa in onda su Retequattro di Hatfields & McCoys, ma non ho resistito. Sono stato costretto. Di Hatfields & McCoys parleremo prestissimo, ma ora devo sfogare la mia indignazione. E quindi parliamo di ottani. Presunti.
Non di cene e discussioni cinicamente astiose intorno a un tavolo scambiate per fughe in macchina. O di un crepuscolare provino musicale in un locale di successo di Chicago confuso con un percorso di formazione condotto su nastri d'asfalto.
Mi riferisco a uno dei tanti blog che infarciscono uno dei più rinomati quotidiani online, forse, cartaceamente parlando, il più rinomato d'Italia. Non voglio entrare nel dettaglio, non sono qui in veste di delatore o censore di beceri costumi altrui, solo segnalare una tendenza generalizzata partendo da uno spunto letto per caso.
Discutiamo tutti di cinema, it's very cool! Aiuta a tirare tardi la sera in compagnia degli amici, permette di darsi un tono tardo esistenzialista e inscena - in piccolo - i meccanismi di un annoiato teatrino sociale borghese, come se ognuno vivesse la sua personale Grande bellezza. Niente di male, per carità. Malgrado, con la proliferazione dei social network, blog, nicchie autogestite e giornalisti in esubero da ricollocare, capiti che il piccolo teatrino annoiato vetero-borghese, alla fine, lo debbano sopportare molti di più, anche quelli che non vorrebbero mai far parte della cerchia ristretta di amici di colui/colei che scrive.
Potreste dire: che ti frega? Non leggerlo. Sacrosanto. È quello che faccio di solito. Succede, talvolta, di imbattersi in questioni che fanno scattare una molla, e in questo caso, la molla è stata leggere la parola film on the road. «Oh, bene!», mi sono detto, «un altro nostalgico, non mi sento più solo e abbandonato nelle spire della contemporaneità». Leggi il pezzo che si sofferma sulle tendenze delle ultimissime uscite italiane del cinema americano, sei pieno di speranza, e ti accorgi che invece sei ancora più solo, letteralmente sperduto nel deserto, poiché il pezzo in questione include nei suddetti film sulla strada non solo Nebraska (ci mancherebbe, l'ha notato addirittura questa rubrica), ma, udite udite!, anche A proposito di Davis e un mélo di impianto teatrale come I segreti di Osage County.
Oddìo, davvero? Vale a dire, sono sufficienti una sequenza della durata di dieci minuti (in una pellicola di un'ora e quarantaquattro) di un viaggio in macchina dalle valenze metafisiche tra New York e Chicago e la presenza di un gatto smarrito di nome Ulisse per poter ascrivere il film dei Coen all'on the road?
Ancora peggio: perché I segreti di Osage County dovrebbe far parte del filone? Perché i familiari di Meryl Streep giungono nella casa di campagna a bordo di un'auto in seguito all'inattesa morte del capofamiglia Sam Shepard? Quindi, secondo questo principio, è un Road Movie anche Il grande freddo, tanto più dopo la scena iniziale sulle note di You can't always get what you want ad accompagnare il corteo funebre?
La democrazia partecipativa è sicuramente un principio nobile, anche se la sua degenerazione 2.0, parafrasando Aristotele, non è più la demagogia, quanto la meno nobile minchiata. Mi piacerebbe spiegare didascalicamente ai pochi che, come me, condividono lo-spirito-del-tempo-che-fu, che il film on the road non ha una base impressionistica o estetica (vedo una strada extraurbana, anche se per pochi secondi, e mi viene in mente Kerouac), bensì strutturale (la strada come tessuto connettivo dei diversi - quando presenti - turning point), ma non lo farò (e scusate la preterizione).
Quello che avete appena avuto la pazienza di leggere (nel caso lo aveste fatto) è solo uno sfogo contro le suddette degenerazioni, che finché riguardano il cinema ci permettono di farcene una ragione (patisco molto di più quelle contro la mia squadra del cuore), ma che spesso riguardano ogni aspetto della nostra quotidianità, non ultima la politica, dove la democrazia 2.0 spinge per partecipare allo sfascio completo e definitivo.
Allo stesso modo delle nicchie autogestite stigmatizzate prima, mi ritiro in buon ordine all'interno di questa rubrica. Che forse non vi dirà mai grandissime verità, ma di sicuro non confonderà mai una tavola imbandita per una highway tra Montana e Nebraska.