Jingle bells: le campane non suonano a morto, ma neanche alla nascita di nostro signore; le campane che si odono sonoramente e ripetutamente in questo periodo sono le campane dell’amor proprio vestito a festa, dell’autostima agghindata per l’ingresso in società, fra illusioni d’inchini e di baciamani. Sono le campane che si spolverano ogni anno per l’occasione, ghiotta e irrinunciabile per il suo altissimo tasso onanistico.
Ognuno si masturba come gradisce, chi sul divano, chi davanti al televisore o al computer o allo specchio, chi nella vasca da bagno o sotto la doccia; soprattutto, ognuno si masturba pensando o guardando chi vuole. Eppure il giro di boa natalizio e di fine anno è una giostra di autoerotismo che non conosce requie, che non va mai in disuso o in tilt, adatta a tutte le età e garante di un godimento forse di breve (direi brevissima) durata ma oh così piacevole, oh così sensazionalistico. Non serve essere dei professionisti dell’orgasmo pubblico: a Natale tutti possono autocompiacersi, tutti hanno il diritto di sognare l’applauso, l’alzata di sopracciglio, il rispetto, addirittura la stima. Perché no?
È Natale, dunque sì. E se è Natale, è tempo di classifiche. Alzi la mano chi non ne fa almeno una. La voglio fare anch’io. Una classificona, una superclassifica che ha l’ambizione di contenerle e implicarle tutte. Una Top Ten generalista, piena d’amore per il prossimo e di voglia di godere. Dieci posti, idonei all’andazzo e straordinariamente autoindulgenti, come si conviene e come da richiesta.
Non intendo fare la parte dello snob e sottrarmi a questo rito: d’altronde, se c’è l’opportunità di trarre beneficio psichico e fisico in maniera pubblica e rigorosamente legale, al riparo da qualunque critica (de gustibus! O no? Com’era quella cosa?…), come mancarla e non coglierla al volo? Perciò, squillo di trombe. Anzi no, suono di campane.
Tutti coloro che usano la classifica di fine anno come pulpito di autopromozione onnisciente, pistolina caricata con proiettili sconosciuti ai più: l’esotismo della forma o del potenziale delle cartucce non è sufficiente a garantire la mira del tiratore.
Tutti i bravi bravissimi mecenati di se stessi, che si pagano di tasca propria per mettere in fila un manipolo di soldatini sfranti, accusati di lesa maestà e condannati a morte.
Tutti gli attori del proprio tinello, che si truccano per inventarsi hit-parade effettistiche e scandalistiche: il loro pubblico è formato dalle stoviglie e dai dispensatori di sale e pepe.
Tutti i firmatari degli elenchi-referendum studiati per far passare la legge del “va-bene-ciò-che-si-preferisce/è-bello-ciò-che-piace”: ecco perché la critica e l’educazione non servono più a niente.
Tutti gli integralisti, gli stitici, chi manca di fantasia, chi manca d’immaginazione, chi non è capace di coraggio: il che non significa a priori farla fuori dal vaso.
Tutti i ragazzi del coro, ovvero quelli che si sgolano senza essere protagonisti: lasciate la scena a chi è intonato e a chi sa cantare.
Tutti gli spazzini, i raccoglitori differenziati, gli operai del fango, che esercitano un secondo mestiere senza averne né il permesso né le facoltà: I know who you are and what you did.
Tutti gli eremiti, le madame del castello, i tibetani dell’osso: sono orgogliosi di non appartenere alla massa, ma fanno la figura delle suore di clausura di un nunsploitation.
I mostri sbavati di idiosincrasie ombelicali, paturnie viziose, capricci da primadonna: forse lo siamo un po’ tutti, mostri, ma non tutti i mostri sono belli e veramente spaventosi.
Tutti gli esegeti della seriosità al cubo: non saranno qualunquisti, ma antipatici sì.
Evviva il Natale. Evviva Capodanno. Anche soltanto per una volta nell’arco di dodici mesi, chiunque può dire la sua. E dirla talmente forte che a non sentirla, fosse pure in lontananza, si rischia di essere scambiati per sordi alle cose buone del mondo. E noi non vogliamo essere sordi, non vogliamo essere ciechi, vogliamo partecipare alla redazione delle più belle classifiche della galassia, quelle di critici che non devono chiedere mai, di verniciatori che non conoscono l’uso portentoso della varichina e di graffitari che si nascondono dietro una bomboletta spray senza riconoscerne le dimensioni inadeguate.