Ci voleva il centenario dalla nascita perché qualcuno si occupasse del genovese Emilio Giordana alias Claudio Gora, appartenente all'abbastanza rara categoria degli attori-registi tutt'altro che sfigurando. Un bel volume curato da Emiliano Morreale (Rubbettino), una retrospettiva, perfino un restauro gli rendono giustizia.
Uomo complesso e forse tormentato, esordisce come attore di cinema in Trappola d'amore (1940, Matarazzo) e termina la sua lunghissima carriera con Mille bolle blu (1993, Pompucci). Ma, nel mezzo, stanno le indimenticabili e odiosamabili interpretazioni di Un maledetto imbroglio (1959, Germi, Nastro d'argento), Adua e le compagne (1960, Pietrangeli), Tutti a casa (1960, Comencini), Una vita difficile (1961, Risi), Il sorpasso (1962, Risi), Il processo di Verona (1962, Lizzani), Il medico della mutua (1968, Zampa), Confessioni di un commissario di polizia al procuratore della Repubblica (1971, Damiani). Personaggi in genere loschi, con un aspetto via via più sgradevole: bel contrappasso per uno che da giovane veniva scelto per la sua bellezza un po' vacua e incline al sospiroso.
Gora parte assai bene anche come regista: Il cielo è rosso (1950, dal romanzo di Giuseppe Berto) e Febbre di vivere (1953, da un'opera teatrale di Leopoldo Trieste), entrambi con la moglie Marina Berti, restano due ottimi film tardoneorealisti o forse protoesistenzialisti, e motivi di interesse presentano anche gli “alimentari” L'incantevole nemica (1953, con Silvana Pampanini accanto a Buster Keaton!) e persino La contessa azzurra (1960, al servizio di Eliana Merolla, in arte Elly Davis, amante del «comandante»-produttore Achille Lauro).
Sembra che, specie negli ultimi anni, non gli spiacesse essere riconosciuto per strada dalle vecchie ammiratrici di un tempo. Sia consentito un aneddoto personale. Non gli demmo a prima vista quella soddisfazione quando, negli anni '70, con l'auto in panne sull'autostrada Varese-Milano, chiedemmo un passaggio a un'Alfa Romeo guidata da un signore dall'aspetto di commendatore. Discorrendo con aria compiaciuta della sua appartenenza al mondo del cinema, ci dette tutti gli indizi necessari a stabilire la sua identità, ma – dato il modo un po' borioso dell'esposizione – simulammo di non intendere. Solo una volta scesi dalla macchina, nel ringraziarlo calorosamente, lo salutammo con un “Buona sera, signor Gora, e complimenti per Il cielo è rosso!” lasciandolo di stucco.