«Alle 12.37, nel cielo azzurro di Seveso, in Brianza, si leva una grande nube tossica. È una nube carica di veleno. Nello stabilimento chimico dell’Icmesa, la rottura di una valvola di sicurezza di un reattore destinato alla produzione di triclorofenolo provoca la fuoriuscita di alcuni chili di diossina: c’è chi dice 10-12 chili, altri di appena un paio, la Givaudan invece parla di 300 grammi...» (Corriere della Sera).
Così inizia una piccola (se paragonata a quanto accadrà in India, a Bhopal, il 3 dicembre 1984, con le sue 21.000 vittime in progress) tragedia – con risvolti di farsa – italiana. Avverranno in rapida successione la moria di galline, vacche, uccelli e conigli, mentre gli alberi ingialliscono e perdono le foglie; il divieto di toccare la terra, gli ortaggi, l’erba e di consumare frutta e verdure, animali da cortile, di esporsi all’aria aperta; i primi casi – specie tra i bambini – di cloracne dovuta all’esposizione alla diossina, che colpisce la pelle, soprattutto del volto e dei genitali esterni; l'evacuazione dalla zona più inquinata di centinaia di persone, alloggiate in un residence; l'autorizzazione di praticare aborti terapeutici per le donne che ne facciano richiesta (vi si oppongono Indro Montanelli: «Il rischio è per i bambini, non per la madre: si tratta di aborto eugenetico, e non terapeutico», e il cardinale di Milano, Giovanni Colombo: «Non uccidete i vostri figli, le famiglie cattoliche sono pronte a prendersi cura di eventuali bambini handicappati»); l'invito a «tutte le persone esposte al rischio della contaminazione» di astenersi dalla procreazione per un periodo di tempo indicato in sei mesi.
Un anno dopo il 2 giugno 1977, Paolo Paoletti, direttore tecnico dell’Icmesa, viene ucciso da tre killer, azione rivendicata nel 1980 da Prima Linea: rientra nella sua cosiddetta “campagna di sanità”. Nello stesso anno viene raggiunto un accordo con la Givaudan, che paga come “rimborso” la somma di lire 103 miliardi e 634 milioni. Ma la diossina non rinuncia a colpire. Nel 2008, dopo 32 anni, uno studio dell’Università Bicocca di Milano dimostra che i maschi che vivevano nella zona colpita e avevano allora meno di nove anni hanno oggi una concentrazione di spermatozoi nel liquido seminale del 50% inferiore a quella di un campione di controllo proveniente da una zona non contaminata. Il bilancio, comunque, è di 6000 persone contaminate e 240, soprattutto bambini, colpite da cloracne con tracce permanenti.
Un fatto del genere, con tutti i suoi risvolti ecologici, politici, sociali e privati, resta come occultato. Non siamo negli Usa, dove film come Sindrome cinese (1979, Bridges) sul guasto di una centrale nucleare, rifacentisi all'evento di Three Mile Island, o come Silkwood (1983, Nichols), ove un'operaia sindacalista in una fabbrica di materiale radioattivo muore in un misterioso incidente dopo aver raccolto le prove della pericolosità del complesso, ricevono, pur tra qualche polemica, ampio consenso e addirittura favoriscono provvedimenti in proposito, ma nell'operosa Brianza, quella recentemente cantata, con relative proteste, in Il capitale umano.
Appare sì, a caldo, un documentato romanzo della protoecologista Laura Conti, Una lepre con la faccia di bambina (Editori Riuniti, 1979), ma occorrono ben 10 anni perché Gianni Serra, non nuovo a scomode inchieste romanzate (Il processo Cuocolo, 1969, o Il nero muove, 1977) riesca a portare sul piccolo schermo l'ampiamente documentale fiction. Peccato che non riesca a trascurare le speculazioni, i traffici di bottega, il razzismo antimeridionale, le false coscienze, tutto quanto investe il tessuto sociale della zona con il suo sostanziale negativismo anche di fronte alle massime evidenze. Il che provoca due interrogazioni parlamentari, prima (1988) dell'on. Maria Pia Garavaglia (DC) che chiede l'interruzione delle riprese, cioè la “censura preventiva”, e poi (1989) dell'on. Roberto Formigoni (CL) che, dopo la messa in onda, chiede un atto riparatorio della Rai contro «la vergognosa speculazione di un film che aveva diffamato l'intera comunità di Seveso e della zona e del nord» (si consiglia la visione su YouTube della puntata di Fluff del 29 marzo 1989, la bella rubrica di Andrea Barbato). E mancavano appena sei mesi alla nascita della Lega Nord.