A cinque anni dalla scomparsa piace ricordare Mario Verdone, lui così serio in pubblico ma anche vagamente scanzonato in privato, con un aneddoto.
Nella primavera del 1987 capitò di andare a intervistare il professore, nella sua bella casa sul lungotevere, a proposito di un “regista maledetto”, ovvero Alberto Cavalcanti, da lui ben conosciuto anni addietro e di cui si preparava una retrospettiva a Locarno. Il colloquio si rivelò infruttuoso, ma la chiacchierata assai simpatica, benché egli sapesse di avere a che fare con un ex allievo di colui che lo aveva ribattezzato, con qualche finezza scatologica, Vario Merdone (peraltro ricambiato con uno -starco mutato in -sterco).
Si venne così inevitabilmente a parlare di suo figlio Carlo, allora accreditato per ben sei film (Un sacco bello, 1980; Bianco, rosso e Verdone, 1981; Borotalco, 1982; Acqua e sapone, 1983; I due carabinieri, 1984; Troppo forte, 1986), ma ancora considerato un giovane di belle speranze. Manifestando qualche perplessità, il professore chiese in proposito il parere del giovane interlocutore. Costui manifestò il proprio apprezzamento ma incautamente aggiunse che “ci sarebbe voluto un saltino”. E dal vano di una porta si materializzò un giovanottone che quel saltino lo eseguì in diretta.
Per rimediare alla gaffe meglio ricordare Mario Verdone come studioso, sin dalla fine degli anni '40, dei rapporti fra cultura tradizionale e il nuovo mezzo (Gli intellettuali e il cinema, 1952), sui legami tra le avanguardie (in specie il futurismo) e il cinema, e come colui che in seguito si occupa di storia delle teorie (Sommario di dottrine del cinema, 1971), dei caratteri peculiari del cinema (La cultura del film, 1977), dei problemi della regia (L'artefice del film, 1998). Insegnante dai tempi di guerra presso il Centro sperimentale di cinematografia (di cui diventa direttore all'epoca della presidenza Rossellini), nel 1964 è il primo titolare (primo insegnamento fu quello di Luigi Chiarini a Pisa) di una cattedra di cinema, alla Sapienza di Roma, mantenuta sino alla morte.
Persona di multiforme ingegno (è stato critico "militante", poeta, pittore, librettista d'opera), i giornali al momento della scomparsa lo ricordano essenzialmente come padre di Carlo. Così va il mondo.