Nasce a Marsiglia, da genitori di recente immigrazione provenienti dalle vicine valli valdesi (Perosa Argentina) Fernand Joseph Désiré Contandin, che in scena e soprattutto sullo schermo, per il pubblico non soltanto europeo, sarà solo e sempre Fernandel.
Molti e anche importanti i film interpretati (non senza qualche tentativo di regìa: gli attori comici del passato e del presente tendono a cascarci più degli altri). Ma, ormai a più di sessant'anni di distanza dall'impianto dell'anche troppo popolare saga, ogni passione spenta, possiamo tranquillamente constatare come l'allora apparentemente stravagante (non è poi vero: i raccontini di Guareschi “tiravano” editorialmente ancora più in Francia che in Italia) scelta del vecchio Rizzoli di affidare a Julien Duvivier (considerato tra l'altro nella fase discendente di una carriera giunta all'apice nei due decenni precedenti) la regìa di Don Camillo, non condivisa, come tante altre cose, da Guareschi, poi mancato interprete di Peppone, sia stata in realtà determinante per un successo mondiale corroborato dall'esattezza del casting.
In particolare, la decisione di affidare a Fernandel il ruolo eponimo, si è palesemente venuta via via valorizzando e rafforzando, irrobustendo in misura decisiva la vitalità dell'operazione nel tempo. E la sua inusitata, quasi misteriosa capacità, nell'apparente quanto irresistibile schematismo scontato, di riprodursi e perpetuarsi tra le generazioni che via via vengono succedendosi, rispetto alle quali molti miti anche più illustri e propagandati crollano, o vengono via via fatti tranquillamente accomodare nel dimenticatoio. E non sarebbe poi tanto azzardato, oggi, provare a sostenere che l'allora cinquantacinquenne Duvivier, dato per superato, abbia finito per realizzare in realtà proprio con Don Camillo e il suo Ritorno due fra le opere più importanti e riuscite.