Nasce a Copenhagen Asta (Sofie Amalie) Nielsen: vi morirà il 24 maggio 1972.
Figlia di un fabbro e di una lavandaia, debutta dodicenne cantando in un coro, e a diciotto partorisce rifiutando le nozze col padre del bambino. In teatro a venti, pur diffidando del cinema, che ritiene minaccia di avvilimento della nobiltà attoriale, vi esordisce tuttavia nel 1910, convinta dal grande Urban Gad («la parte da lui sostenuta durante i primi anni dell'arte cinematografica in Europa può essere paragonata a quella sostenuta da Griffith in America», H.H. Wollengerg), che la dirige ne L'abisso e diverrà due anni dopo suo marito: realizzeranno insieme trentaquattro film, trasferendosi in Germania l'anno stesso del matrimonio e separandovisi nel 1915.
Senza sdegnare gli abiti maschili (da L'abc dell'amore, Magnus Stifter, 1916, al proverbiale Amleto di Gade e Schall, 1921) fonda col secondo marito, l'armatore Wingard, una sua casa di produzione e privilegia la trascrizione di classici e contemporanei: Ebrezza, 1919, di Lubitsch e La signorina Giulia, 1922, di Basch, da Strindberg; Der Reigen, 1919, di Richard Oswald, da Schnitzler; Vanina, 1922, di Gerlach, da Stendhal; Erdgeist, 1923, di Jessner, da Wedekind; Hedda Gabler, 1925, di Eckstein, da Ibsen.
Era intanto intervenuto nel '21 il terzo matrimonio, con l'attore stanislavskiano del Teatro d'Arte di Mosca Grigori Chmara, conosciuto a Berlino durante una loro tournée. Fanno seguito i suoi vertici espressivi: La via senza gioia, sempre '25, di Pabst, a fianco di una Garbo quasi debuttante, e i due film di Rahn del '27, Tragedia di prostitute e Kleinstadtsünder, seguiti il medesimo anno da Gehetzte Frauen, ancora di Oswald.
Finisce però fra i travolti dall'avvento del sonoro, durante il quale darà comunque un'ultima intepretazione, Amore impossibile di Eric Washneck (1932). Oskar Kalbus l'aveva inserita nel '29 nella sua antologia di repertorio delle dive eroticamente incisive Rund und der Liebe. Torna al palcoscenico in Germania, ma se ne allontana nel '36, disdegnando le profferte del nazismo, per tornare in patria. Lo Stato danese, nella vecchiaia, le riconoscerà un vitalizio. Autobiografia: La Musa muta (1965). Nel '68 sovrintende lei stessa a un'ulteriore antologia dei propri film, intervistata da due critici. Nel '70, a 89 anni, ultimo matrimonio con un mercante d'arte settantenne.
Designata correntemente come “la diva silenziosa” o “la diva del Nord”, «con la sua bellezza espressiva e spirituale animata da grande passione, il volto pallido illuminato da ardenti e mobilissimi occhi scuri, grande attrice tragica, colta, raffinata e coraggiosa nelle scelte artistiche, rappresentò la prima vera diva della storia del cinema europeo, tanto da meritare giustamente l'appellativo di Duse del cinema» (Melania Mazzucco)