Il quarantenne Ettore Bernabei, uomo di fiducia del presidente del Consiglio, il dc Amintore Fanfani, è il nuovo direttore generale della Rai, dopo essere stato a soli 30 anni direttore del Giornale del Mattino, quotidiano fiorentino di ispirazione cristiana, e a soli 35 direttore de Il Popolo, organo di stampa della Democrazia Cristiana. Resterà al suo posto da monopolista sino al 1974, in seguito alla riforma che sottrae la televisione pubblica al prepotere della Dc per garantirne un controllo più esteso da parte del Parlamento, in effetti per assicurare una suddivisione di poltrone tra i partiti, più o meno governativi, e per instaurare una imperitura lottizzazione.
Scrive un benevolo Aldo Grasso: «Nei 14 anni della sua dirigenza Bernabei ha seguito una politica di autoritarismo illuminato, conservando tenacemente il controllo politico della Rai, ma lasciando spazio anche ai professionisti e preoccupandosi della crescita culturale e industriale dell'azienda. L'obiettivo di fare della Rai una delle migliori televisioni al mondo è stato perseguito con tenacia, nonostante i ripetuti attacchi della stampa e le critiche del pubblico, attraverso una politica di nomine e di assunzioni tesa a compiacere il potere politico e ingenti investimenti che hanno determinato un forte aggravamento del deficit dell'azienda (al termine del suo mandato sfiorava i 16 miliardi)».
Bontà sua. Non basta accreditare a suo merito gli sceneggiati tratti da grandi opere letterarie o gli show di qualità o la prosa in prima serata o le serie tv tipo Gli Atti degli Apostoli (Rossellini) o Gesù di Nazareth (Zeffirelli) per giustificare o addirittura ricordare con nostalgia il suo “rigorismo etico”, la sua “tivù perbene e pedagogica”, quando invece si tratta di una gestione censoria, bigotta, ipocrita di cui questo adepto dell'Opus Dei si vanta in un’intervista rilasciata nel 2007 a Vanity Fair:
«Vallettopoli a quei tempi non avrebbe potuto esserci, perché, allora, c’erano le gemelle Kessler. E dunque le donne in tivù erano professioniste della rivista, cantanti o attrici di talento, non ragazzette improvvisate. Noi cercammo le migliori ballerine d’Europa. Erano eleganti, raffinate, femminili. Facevano sognare senza svelare. La calzamaglia era strategica. Grazie a essa, l’italiano medio dimenticava la cellulite, ma gli restava il dubbio su come fossero davvero le gambe delle Kessler. Quindi, poi, tornava sereno dalla moglie cellulitica. La famiglia era salva».
Alice ed Ellen ringraziano.