A dar retta al Morandini (di cui riportiamo anche i giudizi), sono soltanto 8 i film la cui vicenda si imperni sul giorno di Ferragosto (e non comprenda semplicemente il Ferragosto, come ad esempio l'ottimo Ferie d'agosto di Paolo Virzì). Proviamo a ripercorrerli, anche se la puntata risulterà proprio “da Ferragosto”, come capita ai quotidiani in questo giorno, sperando che l'ipotetico lettore ne individui altri.
B come Una botta di vita (1988, di Enrico Oldoini, con Alberto Sordi, Bernard Blier, Andréa Ferréol, Vittorio Caprioli). Due ultrasessantenni, parcheggiati dai parenti in vacanza, si mettono al volante di una vecchia Lancia e si spingono fino al mare, dalla Romagna alla Costa Azzurra. È Ferragosto e i due hanno ancora qualche velleità. Ultima fatica del bravo B. Blier che, in coppia con uno stanco Sordi, dimostra ancora doti di vivacità. Non altrettanto la sceneggiatura e la logora regia.
F come Ferragosto in bikini (1960, di Marino Girolami, con Walter Chiari, Raimondo Vianello, Enio Girolami, Mario Carotenuto, Valeria Fabrizi, Bice Valori, Carlo Delle Piane, Marisa Merlini). Carosello di personaggi in una giornata di Ferragosto al mare, a Fregene. Un tipico esemplare di un genere che andava molto negli anni '60: il film a episodi. Qui sono tanti e quasi tutti poco riusciti. Teatro di rivista in scatola e all'aperto.
G come Il giorno dell'Assunta (1977, di Nino Russo, con Tino Schirinzi e Leopoldo Trieste). Un duetto allucinato e grottesco nella Roma deserta, affocata, un po' metafisica di Ferragosto. Una delle più stimolanti opere prime italiane degli anni '70. È un film teorico che ha soltanto il torto di dire una cosa sola, variandola per oltre 100 minuti. Fotografia di Mario Masini, operatore di C. Bene.
G come Le giraffe (2000, di Claudio Bonivento, con Sabrina Ferilli e Veronica Pivetti). Nell'afa capitolina di Ferragosto due sorellastre – la fisioterapista romana Roberta e la segretaria milanese Michela – s'incontrano e litigano all'obitorio dopo la morte del padre con cui da anni erano in contatto soltanto telefonico. All'apertura del testamento molte sorprese. 2ª regia del produttore C. Bonivento, anche soggettista e sceneggiatore, che qui gioca – a rimorchio del successo televisivo di Commesse – le carte della commedia di costume con risvolti di umorismo macabro per arrivare a una prevedibile lieta fine. Ora goffo, ora sguaiato, dilettantesco e non dilettevole.
P come Pranzo di ferragosto (2008, di Gianni Di Gregorio, con Gianni Di Gregorio, Valeria De Franciscis, Marina Cacciotti, Maria Calì, Grazia Cesarini Sforza, Alfonso Santagata). Figlio unico di mezza età vive in centro a Roma con la madre vedova, nobildonna decaduta che lo tiranneggia. L'amministratore gli propone di ospitare per il ponte di ferragosto sua madre e un'altra vecchia, in cambio dell'annullamento di un debito. Alle 3 vecchiette se ne aggiunge una quarta, madre di un amico medico di turno in ospedale. L'uomo si prepara a giornate difficili, ma le 4 signore gli cambiano le carte in tavola. Fervido successo di pubblico alla 65ª Mostra di Venezia 2008 e poi nelle sale. Scritto, diretto e interpretato da Di Gregorio, sceneggiatore di lungo corso che esordisce alla regia, assistito nelle riprese da M. Gaudioso, recitato da vecchie signore non attrici, è il caso raro di un film sulla vecchiaia – tema sgraditissimo – divertente, intelligente, pudico. Non fa ridere a spese dei personaggi, ma con loro, trattati con rispetto e senza indulgere a demagogia o sentimentalismo. Senza arsenico né merletti, percorso da un'ironia malandrina e leggera. Prodotto da Matteo Garrone. 5 premi per l'opera prima in Italia più 1 al London Film Festival.
R come Rapina record a New York (The Anderson Tape, USA 1972, di Sidney Lumet, con Sean Connery, Dyan Cannon, Martin Balsam, Ralph Meeker, Christopher Walken). Ex carcerato vuole svaligiare in un sol colpo a Ferragosto tutti gli appartamenti di un lussuoso palazzo. Ha cinque complici e un boss mafioso che lo finanzia. Ma la polizia li tiene sotto controllo. Veloce, spezzettato, ritmo serrato e riprese concise, il film rispetta le regole del genere poliziesco, ma è anche un commento sull'America moderna: la manipolazione, il denaro, la corruzione. Da un romanzo di Lawrence Sanders.
S come Sweet Sweet Marja (2007, di Andrea Frezza, con Maria Grazia Cucinotta, Corrado Calda, Marco Messeri). A Ferragosto, per salvare l'azienda dal fallimento, l'immobiliarista Corrado (Calda, anche sceneggiatore) invita a cena dei possibili acquirenti, ma sua moglie condisce per sbaglio uno sformato di verdure con molta marijuana. Dopo lunga assenza, Frezza torna alla regia con un film che semplifica il corto La piantina. Intento: denunciare l'ipocrisia piccoloborghese e gli inevitabili compromessi. Ok per un corto, ma su 100 minuti diventa un'ideuzza prolissa affidata a un cast male assortito, a gag flosce o già viste. Senza volgarità, comunque. La Cucinotta in uno strip-tease casto.
V come Vogliamoci troppo bene (1989, di Francesco Salvi con Francesco Salvi e Barbara D'Urso). Rimasto solo e senza moglie a Ferragosto a Milano, Matteo Rampini incontra una bella americana: ha così inizio un'avventura che sembra un sogno. Regista, protagonista, sceneggiatore, produttore, soggettista, musicista, l'esordiente F. Salvi è un vulcano di idee: ci sono qui più trovate comiche che in una dozzina di commedie italiane “natalizie”. Il guaio è che non sa organizzarle. Il mix tra surrealismo e comicità demenziale è riuscito a metà anche perché il reparto attori è debole.
Chissà che qualche Pro loco in crisi di idee non ne prenda spunto per una rassegna appunto ferragostana.