Per ragioni personali (e forse autopromozionali).
Nell'altraluna di mercoledì 8, sono riuscito a evocare due Giovanne d'Arco incarnate sublimemente da Ingrid Bergman (con Fleming nel '48 e Rossellini nel '53, prima in scena poi sullo schermo) senza nominarla.
Alla mia tenera età, dovrei finalmente decidermi a contattare un analista, per capire che rapporto intrattengo con l'attrice prediletta della mia cara e problematica mamma, quella che mi vestì della festa, una domenica pomeriggio, per andare a vedere Anastasia (all'epoca mi annoiai a morte).
Solo da adulto realizzai come lo strano appuntamento fosse la prova del fatto che, non solo a Hollywood ma anche in casa mia, Ingrid era stata perdonata e riabilitata, dopo gli anni di silenzio ostracistico calati in entrambi i luoghi su di lei a seguito della sua... scelta italiana.
Devo probabilmente a quel nodo irrisolto l'avventura molto bella di aver scritto con Francesca Brignoli Ingrid Bergman. La vertigine della perfezione (Le Mani 2010). E curiosamente mi viene di rievocarlo proprio ora, a poca distanza dall'uscita imminente, presso lo stesso editore, del nostro nuovo lavoro Marilyn Monroe. Inganni, che Tatti Sanguineti (grazie a una disinteressata segnalazione del mai troppo rimpianto grande amico Claudio G. Fava) ha voluto generosamente e in via preventiva, alla base di una riuscitissima puntata delle sue “Storie di cinema” per Iris, che l'ha messa in onda martedì 29 e sabato 3 scorsi.