Su RaiUno va in onda la prima puntata de La Piovra, sceneggiato tv con Michele Placido e Barbara De Rossi, regia di Damiano Damiani. Sino al 2003 ne andranno in onda complessivamente dieci miniserie, per complessive 48 puntate, su soggetto di Nicola Badalucco, Lucio Battistrada e Massimo De Rita, prima sceneggiatura di Ennio De Concini, poi Rulli e Petraglia, dirette dai vari registi che si sono succeduti: dopo Damiani, firme come Florestano Vancini, Luigi Perelli e Giacomo Battiato.
Amplissimo il consenso del pubblico (sino a una media di 15 milioni di spettatori con punte sino a 17), non solo in Italia: esportata in 80 Paesi, trionfa specie in Germania (Allein gegen die Mafia). Ne restano invischiati (al punto che per taluni di loro sarà difficile sottrarsi in seguito al personaggio) popolari (o tali diventati) attori del cinema italiano: Michele Placido (commissario Corrado Cattani), Vittorio Mezzogiorno (poliziotto Davide Licata), Remo Girone (il perfido banchiere Tano Cariddi), il più marchiato di tutti, Florinda Bolkan (contessa Olga Camastra), Barbara De Rossi (baronessina Titti Pecci Scialoja), e poi Raoul Bova, Giuliana De Sio, Simona Cavallari, Orso Maria Guerrini, Bruno Cremer, Tony Sperandeo, nonché Patricia Millardet (giudice Silvia Conti) e un ottimo François Périer (che se li mangia tutti) nei panni dell'avvocato Terrasini, primo nemico di Cattani.
Quest'ultimo risulterà ucciso alla fine della quarta miniserie e poco ci manca che venga proclamato il lutto nazionale. E che sia qualcosa che va oltre la sanguinaria cronaca locale lo dimostrano i riferimenti a logge massoniche, banche internazionali, politici corrotti, finanzieri spregiudicati, affaristi compromessi, che toccano nel segno, tanto che dall'ottava miniserie – in seguito a fortissime pressioni – si annacquerà il tutto. Ma tutto passa e presto, almeno inizialmente sempre in locations sicule e certo nel cuore dello spettatore, troveranno posto le vicende, più solari e accattivanti, del camilleriano Commissario Montalbano (1999-2013, a seguire?), ove mafia e politica fanno solo da sfondo ad alcuni episodi e si predilige un “mondo piccolo”.
Tutto dimenticato? Forse, come sostiene qualcuno vivamente interessato al riguardo, la mafia non esiste? Per pura e semplice coincidenza, a rompere le uova (eufemismo) nel paniere ci pensa Silvio Berlusconi. Il 26 novembre 2009, in un incontro tenuto con i giovani del Popolo della Libertà, il giorno stesso in cui vengono smentite le voci che lo volevano indagato nei processi per le stragi mafiose del 1993, il premier si scaglia contro la fiction: «Se trovo chi ha fatto le serie della Piovra e chi scrive libri sulla mafia facendoci fare brutta figura nel mondo, giuro che lo strozzo». Il 16 aprile 2010 replica, estendendo il suo malumore a Roberto Saviano. Nel corso di una conferenza stampa con il titolare del Viminale, Roberto Maroni, a Palazzo Chigi, rivendica i risultati ottenuti nella lotta alla criminalità organizzata e sferra un affondo contro chi, in tv e in libreria, affronta il tema. Berlusconi sottolinea che «la mafia italiana risulterebbe essere la sesta al mondo ma è quella più conosciuta» anche per i film e le fiction che ne hanno parlato, come «le serie della Piovra» e in generale «la letteratura, Gomorra e tutto il resto».
Il commissario Cattani colpisce ancora. Con buona pace di Marcello Dell'Utri.