«Che morire in primavera non sia da persone oneste, sensate e ordinate, era una questione sulla quale don Fabián Bigaro non aveva dubbi di sorta. Le persone oneste, sensate e ordinate, pensava don Fabián, sanno che il mondo offre stagioni più adatte a chi voglia andarsene per sempre, e soltanto a un bohémien o a un anarchico, tipi riprovevoli per il loro smodato attaccamento alle stavaganze, può passare per l'anticamera del cervello di morirsene esattamente quando sulla terra sta per rinascersene tutto quanto. Da persone di questo genere ci si può aspettare qualsiasi cosa; persino che muoiano in particolarissimi giorni festivi. (La qual cosa è già un colmo, perché le persone oneste, sensate e ordinate non ignorano che i giorni festivi si trovano sul calendario non per essere sporcati da quella carne triste che è sempre un cadavere, ma al contrario per essere abbelliti da quella carne allegra e volgare che siamo noi umani in un giorno di festa, quando assistiamo alle corse ciclistiche, ascoltiamo i concerti della banda municipale e guardiamo ammirati accendere le belle girandole di fuochi artificiali preparati a tale scopo da famosi pirotecnici; spettacoli, questi, graditi e piacevoli di fronte ai quali il bambino si stupisce, l'adulto si ricrea e l'anziano si spaventa.)» (incipit di I morti non si toccano, trad. Arrigo Repetto, Longanesi, 1963).
Quando pubblica questo romanzo, Los muertos no se tocan, nene (Taurus, Madrid, aprile 1956), il trentenne Rafael Azcona (scomparso in questo giorno) è ancora uno sconosciuto nel mondo del cinema, ma l'humor nigro che lo renderà inimitabile è già tutto presente. È l'incontro con il milanese ispanizzato Marco Ferreri a dargli la stura: così nascono El pisito (1959) e El cochecito (1960), entrambi tratti da suoi romanzi, primi fulgidi esempi di una collaborazione che vedrà il duo impegnato in Una storia moderna: l'ape regina (1963), La donna scimmia (1964), il falcidiato L'uomo dai cinque palloni (1965), Marcia nuziale (1965), L'harem (1967), L'udienza (1971), La grande abbuffata (1973), Non toccare la donna bianca (1974), L'ultima donna (1976), Ciao maschio (1978), sino al tardivo Come sono buoni i bianchi (1988), e diteci se è poco. Transfrontaliero, si divide tra Italia (scrive, tra gli altri, per Lattuada, Polidoro, Spinola, Tognazzi, Scaparro, ma non disegna i western) e Spagna (dieci film per Berlanga, da Placido, 1961, a Mori e cristiani, 1987; sei per Saura, da Frappè alla menta, 1967, a Carmela!.1990).
Quell'humor non lo abbandona sino alla fine dei suoi giorni, perché è forse onesto, ma certo non è sensato né ordinato. Evviva!