Decine e decine di libri hanno cercato di indagare sulla tragica morte di Marilyn Monroe, ammantata di misteri e di segreti, ma ben pochi hanno investigato su un'altra scomparsa, il 30 agosto 1979, di un'attrice ancora giovane, nata appunto in questo giorno. Eppure il quadro, se possibile, è ancora più inquietante.
È la storia di una ragazzina dello Iowa trovatasi improvvisamente a rivestire i panni della pulzella di Orléans in una pretenziosa Santa Giovanna (1957) e poi diretta dallo stesso pigmalione, Otto Preminger, in un successo annunciato cui lei dona tutta la sua freschezza: il saganiano e postesistenzialista Buongiorno tristezza! (1958). È nata una stella? Quel che è certo che l'anno successivo nasce un'icona, per chi ama la nouvelle vague ma non solo: la studentessa americana Patricia Franchini del godardiano Fino all'ultimo respiro.
Non seguiremo la sua carriera dalle alterne fortune (fatta di più bassi che alti), ricordando almeno, et pour cause, Lilith, la dea dell'amore (1964, di Robert Rossen), ove è un'ammalata mentale, e Ondata di calore (1970, di Nelo Risi), ove è una donna in crisi coniugale ed esistenziale, oltre al fatidico Gli uccelli vanno a morire in Perù (1968), ove il secondo dei suoi quattro mariti, il romanziere Romain Gary, la dirige in un “dramma ginecologico” (Morandini), e a Le bleu des origines (1979) di Philippe Garrel, apparso alle soglie della morte. Già, un dichiarato suicidio per overdose di barbiturici, causa un'antica instabilità nervosa e una cronica depressione...
Peccato che la quarantenne Jean Seberg sia iscritta dall'età di 14 anni all'Associazione nazionale per l'avanzamento della gente di colore, che a trent'anni finanzi il Black Panther Party e gruppi di nativi americani, che nel 1970 sia entrata nel mirino dell'FBI di Edgar Hoover che auspica sia “neutralizzata”. Quando Jean risulta incinta, una campagna diffamatoria, anche mediatica, sostiene che sia stata ingravidata da Raymond Hewit, dirigente delle Pantere Nere: alla nascita prematura – per via dello choc – della bimba, subito defunta (è bianca e, per fugare ogni dubbio, viene esposta in una bara di vetro), la montatura cade, l'attrice (che l'FBI definisce comunque “promiscua e sessualmente pervertita”) ottiene perfino un risarcimento, ma nulla potrà risarcire il suo equilibrio.
Basta questa “distruzione” per definire la sua scomparsa un “complotto”? Lo pensano Gary (che sceglie a sua volta il suicidio qualche mese dopo la morte dell'ex moglie) e un altro scrittore, ben più noto, Carlos Fuentes, che adombra la loro segretissima storia d'amore e la tragica conclusione di lei nel romanzo Diana. The Goddess who hunts alone (1995). Una storia che, proprio con questo titolo, meriterebbe un film.