Walter Veltroni ha indubbiamente grandi meriti nei confronti del cinematografo (basterebbero i primi, poveri e mitici VHS con l'Unità, anni Ottanta-Novanta; come la campagna “non s'interrompe un'emozione", purtroppo poi bellamente interrotta e oggi completamente priva di risultati, in pratica, su tutte indistintamente le reti tv non a pagamento, e anche su alcune che lo sono...) ma in definitiva, come dire, “inveltronisce” tutto, rendendo ogni cosa -si tratti di romanzo, non obbligatorio da pubblicare, o di film, opzionale da realizzare- conciliante e riconciliata, accomodante e accomodata.
L'onesto recentissimo lavoro, in chiave tutto sommato televisiva, su Berlinguer non fa eccezione, pur avendo avuto l'abilità e l'intelligenza di precedere di qualche mese, nell'uscita, il profluvio di pubblicistica che ci viene riversato addosso con culmine proprio nell'oggi, nel trentesimo anniversario della tragedia di Padova. Anche perché, onestamente -e può essere impopolare dirlo- potrebbe alla lunga a sua volta contribuire a far prevalere la sensazione che, tanto per il povero Berlinguer che per il povero Moro, il giudizio della Storia possa essere stato agevolato e dilatato dalla traumaticità repentina delle rispettive scomparse.