«La signora Valli?»
«Ah, come sta?»
«Un po' giù di voce...» [noi ovviamente]
«Come capita a chi recita... [sempre noi ovviamente]. Mio figlio le avrà detto che ho avuto molti problemi... »
«No, attorno a lei c'è stato il massimo della discrezione, un muro di riservatezza...»
«Mi son successe cose tremende... Mi hanno rubato per quattro volte alla Riccardina, fuori Bologna... Mi hanno portato via le foto, gli album, le cose che pensavo di mettere insieme per voi...»
«Ma a noi non interessavano queste cose, solo fare una chiacchierata con lei...»
«Mi hanno portato via tutto, lì a Budrio... E poi ci sono grossi problemi da risolvere con la compagnia [teatrale] dell'anno scorso...»
«Ma insomma lei esclude la possibilità di un incontro...»
«Non sto bene, non ho voglia di incontrare nessuno...»
«...neanche se stessa.»
«Più o meno così...»
«Insomma lei esclude...»
«Non vale la pena di occuparsi di me...»
«Ma noi andiamo avanti lo stesso, abbiamo un impegno...»
«No, lasci perdere, lasci perdere, non vale la pena... Mi stia bene... Arrivederci»
«Arrivederci» [fine della telefonata]
Nel genetliaco di Alida Maria Laura baronessa von Altenburger, in arte Alida Valli, il suo sfortunato biografo, insieme all'amico Claudio M. Valentinetti, la ricorda in modo poco ortodosso, sbobinando, quasi fosse un intercettatore professionista, la registrazione di una telefonata intercorsa molti mesi prima della pubblicazione del libro: Il romanzo di Alida Valli (Garzanti, 1995), che si fece senza di lei. Anzi, di cui lei negò quasi l'esistenza, un pomeriggio con Mara Venier, a Domenica in: «Sì, me ne hanno parlato, ma non avrei tempo per leggerlo».
In questa telefonata è racchiuso tutto il carattere della “signora del cinema italiano”, attiva dal 1936 al 2002, per un totale di 106 film. Un curriculum invidiabile, che alterna ombre e luci, cadute e resurrezioni, e nonostante le sue ritrosie. Schiva, sdegnosa, incline al silenzio, non immune dal pettegolezzo (e se ne potrebbero raccontare tanti, ai quali lei rispondeva con una smorfietta maliziosa), si è tenuta lontana dalla luce dei riflettori sino all'ultimo, sino al suo impietoso viale del tramonto, e si è spenta nel sonno, forse nel sogno, il 22 aprile 2006.
A futura memoria – e magari per i più ignari tra i giovani spettatori –, ecco i suoi film dai quali non si può prescindere: Il feroce Saladino (1937, Bonnard), Mille lire al mese (1939, Neufeld), Piccolo mondo antico (1941, Soldati), Ore 9 lezione di chimica (1941, Mattòli), Noi vivi/Addio, Kira (1942, Alessandrini), La vita ricomincia (1945, Mattòli), Eugenia Grandet (1946, Soldati), Il caso Paradine (1947, Hitchcock), Il terzo uomo (1949, Reed), Siamo donne (1953, episodio Franciolini), Senso (1954, Visconti), Il grido (1957, Antonioni), La grande strada azzurra (1957, Pontecorvo), Occhi senza volto (1960, Franju), L'inverno di farà tornare (1961, Colpi, forse la sua più intensa partecipazione), Edipo re (1967, Pasolini), La strategia del ragno (1970, Bernardo Bertolucci), La prima notte di quiete (1972, di Valerio Zurlini), Novecento (1976, Bernardo Bertolucci), Berlinguer, ti voglio bene (1977, Giuseppe Bertolucci), senza dimenticare gli sprazzi finali: La caduta degli angeli ribelli (1981, Giordana), Segreti segreti (1984, Giuseppe Bertolucci), Il lungo silenzio (1993, von Trotta), Il dolce rumore della vita (1999, Giuseppe Bertolucci).
Occuparsi di lei valeva proprio la pena.