Il 13 novembre 1936 Carlo Rosselli pronunciò alla radio di Barcellona un discorso che così terminava: «Quanto più presto vincerà la Spagna proletaria, e tanto più presto sorgerà per il popolo italiano il tempo della riscossa». Quel discorso – “Oggi in Spagna, domani in Italia” –, che è anche il titolo di un libro postumo pubblicato da Einaudi nel 1967, l'avevamo ben presente quando si seguiva con attenzione ed emozione i primi tentativi del cinema spagnolo, sotto il tallone feroce e crudele del franchismo (lo strangolmento per garrota era ancora in auge e lo sarebbe stato sino al 1974: il comunista Juliàn Grimau la vittima più illustre nel 1963). «Ieri in Italia, oggi in Spagna» confidavamo.
A darci qualche soddisfazione in questo senso era stato per primo Luis García Berlanga, di cui purtroppo ignoravamo il primo film, Esa pareja feliz (1951), girato in coppia con Juan Antonio Bardem, entrambi tra le file dell'opposizione. Ma è l'anno successivo che Berlanga, con Benvenuto, Mister Marshall!, valica i Pirenei: una satira fantasiosa che aggira la censura. E meglio farà con Calabuig (1956) o, dopo l'incontro con lo sceneggiatore Rafael Azcona, con Placido (1961) e La ballata del boia (1964), altrettanti messaggi, più o meno criptati, in opposizione al regime. (Quest'ultimo, presentato alla Mostra di Venezia, suscitò le ire della delegazione spagnola, ma ebbe il premio Fipresci della critica internazionale e fu addirittura considerato il miglior film spagnolo di tutti i tempi. Distribuito in Spagna in ritardo con alcuni tagli, venne stranamente mutilato anche in Italia, nonostante la presenza di Nino Manfredi.)
A questi colpi di spillo aggiunge qualche stilettata Bardem (nato in questo giorno), colui che, alle conversazioni di Salamanca, avrebbe sostenuto nel proprio manifesto: «Il cinema spagnolo attuale è politicamente inefficace, socialmente falso, intellettualmente infimo, esteticamente nullo e industrialmente rachitico». Fondatore nel 1953 della rivista di impronta lukácsiana Objectivo (soppressa dalla censura dopo soli 9 numeri) e direttore del pregevole Comicos, a lanciarlo sul mercato internazionale e ad assicurargli la simpatia della critica di sinistra furono Gli egoisti (1955, con Lucia Bosè), Calle Mayor (1956, con Betsy Blair), Ho giurato di ucciderti (1957, con Raf Vallone), tutti imperniati su una sorta di realismo critico. Quanto bastava per farci gridare al capolavoro, anche se presto, finita la bella stagione, il regista avrebbe ceduto alla ricerca formale, a qualche sentimentalismo, a una visione ristretta della realtà. Si possono comunque ricordare, giacché l'uomo resta degno di attenzione, Amori di un calda estate (1965), L'isola misteriosa e il capitano Nemo (1973), El puente (1976), Siete dias de enero (1978), ma ormai anche il franchismo si era miseramente spento.