Ripensando ai quasi quaranta lungometraggi realizzati in altrettanti anni (1948-89) da Luigi Comencini, che prende congedo, novantenne, in questo giorno, e all'intensità della sua carriera anche televisiva (dal magistrale Le avventure di Pinocchio del '72 all'intenso La Storia dell'86), spiccano alcuni nodi cui sarebbe bello che anche i lettori più giovani di queste righe avessero voglia di rifarsi.
A cominciare naturalmente dal capolavoro assoluto, Tutti a casa (1960), prototipo totale di film italiano perfetto se mai ve ne furono, per scoprire nella sua filmografia, prima e dopo, passaggi notevolissimi.
Il concitato Proibito rubare ('48), dove si conferma quel dono, da altri mai raggiunto, di saper dirigere i bambini, già palesato nei corti d'esordio, e che l'accompagnerà per l'intera carriera. Il didascalico e commovente La valigia dei sogni ('53) collegato alla “sua” Cineteca Italiana di Milano, e il dolce, melanconico La finestra sul Luna Park ('57). Il pungente Incompreso ('66) e lo splendido, originale, Infanzia, vocazione e prime esperienza di Giacomo Casanova veneziano ('68). L'inarrivabile vertice di commedia all'italiana sui generis Lo scopone scientifico ('72) e il sottovalutato Un ragazzo di Calabria ('87): per non fermarsi che alle prime risultanze.
Senza parlare, oltre che della prolifica produzione più corrente, della classe confermata nel farsi iniziatore-prosecutore di genere (Pane amore e fantasia, Pane, amore e gelosia, '53-'54), quand'anche costrettovi suo malgrado dalle ingiunzioni della produzione (Il compagno don Camillo, '65).
Senza contare il molteplice dono ereditato dal cinema italiano: le quattro figlie, due registe (la classica e nitida Cristina, anche romanziera e drammaturga; la più irrequieta e pungente Francesca), la scenografa-costumista Paola (collaboratrice, oltre che del padre e delle sorelle, tra gli altri di Zaccaro, Reali, Placido e Milani) e la direttrice di produzione Eleonora. Scusate se è poco.