«Von Stroheim era cortese e affascinante, ma anche molto freddo e presuntuoso, un quarantenne dall'eleganza impeccabile, radicato nella cultura viennese e tuttavia raggiante di soddisfazione per l'ancora recente successo americano. […] Eravamo dunque seduti nel mio patio, io, Erich von Stroheim e Joe Kennedy. […] Quando alla fine si decise a espormi il soggetto che aveva in mente, pensai che Kennedy non aveva comprato il grano in erba, dopotutto. Quei due avevano molte cose in comune. Come Joe, von Stroheim era cattolico, ambizioso, interessato alla politica, e il regista era tanto desideroso di realizzare un importante soggetto originale quanto Joe Kennedy di entrare nel tempio dell'arte al fianco di un genio riconosciuto.»
É un brano delle Memorie di Gloria Swanson (Mondadori, 1981) da lei narrate in tarda età (1980), un fluviale quanto sin troppo dettagliato ed estremamente pudico resoconto di ciò che accadde alla forse più grande diva del muto americano. Brano, tuttavia, molto significativo e importante per una serie di circostanze. Intanto assistiamo (siamo nel 1927) alla nascita di un capolavoro maledetto e soprattutto mancato, quel Queen Kelly che i produttori, appunto Kennedy e Swanson, fecero interrompere per il panico suscitato dall'avvento dei primi film sonori quando von Stroheim aveva finito di girare soltanto la parte europea.
In secondo luogo assistiamo all'entrata in scena su Hollywood, nelle vesti di aspirante produttore, di Joseph Kennedy, tanto padre di tanti figli con i quali condivide se non altro le prodezze amatorie. Swanson è a una svolta della sua vita: dopo il successo di Madame Sans-Gêne (1924) girato in Francia, comincia a rendersi conto a soli 25 anni che la sua carriera è e breve scadenza e tenta appunto la via della produzione, ma senza averne la stoffa. Accorre in suo soccorso il noto politico-finanziere, che tuttavia ha ben altre mire e in pratica la costringe a diventare la sua amante. Certo le compra anche una Rolls-Royce e costosissimi gioielli, ma è solo un “prestito”: la diva se li ritrova addebitati sul suo conto quando Joe si stanca di lei e la pianta in asso, o meglio, quando, con l'intervento addirittura di un cardinale, Gloria viene indotta a farsi da parte: la “famiglia cattolica” prima di tutto, e che famiglia!
In terzo luogo il brano è ricco di presagi. Se Queen Kelly segna l'inizio della fine – nonostante il buon successo del suo primo film sonoro, L'intrusa (1929), per il quale riceve anche una nomination all'Oscar, l'attrice abbandonerà disillusa lo schermo – quell'incontro con Stroheim si rinnoverà nel 1950 grazie a Billy Wilder che chiama entrambi sul set di Viale del tramonto, forse il film più memorabile di Gloria, almeno per gli spettatori del secondo mezzo secolo. E non saranno certo i successivi Mio figlio Nerone (Steno, 1956) o Airport '75 (Smight, 1975) a preservarcene l'immagine, quando in questo giorno anche il suo viale avrà fine.