«Non mi ero reso conto che girare un film intero in un'unica stanza potesse essere un problema. In realtà, credevo che fosse un vantaggio. Uno degli elementi drammatici più importanti è la sensazione di intrappolamento che i protagonisti della storia devono sentire stando chiusi in questa stanza. Immediatamente ho pensato a una “trama di lenti”. Man mano che il film andava avanti volevo che la stanza diventasse sempre più piccola. Questo significava un passaggio progressivo a obiettivi sempre più lunghi. […] Inoltre, girai il primo terzo del film al disopra degli occhi, poi, abbassando la macchina da presa all'altezza degli occhi, girai la seconda parte del film, e infine girai la terza parte al disotto dell'altezza degli occhi. In quel modo, verso la fine del film, si iniziava a vedere il soffitto. La sensazione di claustrofobia aumentava, e così nell'ultima parte del film aumentava anche la tensione. Per l'ultima sequenza, ripresi dall'esterno i giurati che uscivano dall'aula con un grandangolare molto più largo di qualsiasi altro usato per tutto il film. Alzai anche quanto più possibile la macchina da presa rispetto al livello degli occhi. L'intenzione era quella di dare aria, di concedere finalmente il respiro dopo due ore incessanti di clausura» (da Fare un film, minimumfax, 2010).
Nel giorno della sua nascita piace ricordare Sidney Lumet con una pagina del suo libro del 1995 dedicata al suo primo film, Twelve Angry Men, da noi La parola ai giurati (1957), quanto di più perfetto (anche grazie alla fotografia di Boris Kaufman, nientemeno che il fratello minore di Dziga Vertov, e all'interpretazione di Henry Fonda, coproduttore del coraggioso cimento) si potesse immaginare per un esordiente, ancorché fattosi le ossa in teatro e in tv, e grande esempio di una creatività artigianale che nessun effetto speciale o digitale potrà mai renderci.
Sarebbe bastato quel titolo a preservarci la memoria del suo autore, se non fossero di seguito venuti Pelle di serpente (1960), Uno sguardo dal ponte e Lungo viaggio verso la notte (1962), L'uomo del banco dei pegni e A prova di errore (1964), La collina del disonore (1965), Il gruppo e Chiamata per il morto (1966), Il gabbiano (1968), e anche nei due decenni successivi, pur nella sistematicità della produzione, ma con un progressivo ulteriore innalzamento del livello qualitativo, Rapina record a New York (1971), Serpico (1973), Assassinio sull'Orient Express (1974), Quel pomeriggio di un giorno da cani (1975), Quinto potere (1976), Il principe della città (1981), Il verdetto (1982), Daniel (1983), Vivere in fuga (1988), Sono affari di famiglia (1989), fino alla conclusione in bellezza con il capolavoro Onora il padre e la madre (2007).