Charles, Adèle, Jeanne, Sophie e Léopoldine Hugo, discendenti dell'autore di Notre-Dame de Paris, insorgono, con una vibrante lettera a Libération, contro Il gobbo di Notre-Dame della Walt Disney. Lamentano che il loro avo Victor Hugo, nemmeno citato nei titoli di testa e tantomeno encomiato nella promozione, sia stato non solo travisato come scrittore ma abbia anche dato involontariamente adito a un merchandising di pessimo gusto.
La grande e potente macchina tritatutto, ora dolcificante come lo sciroppo di acero ora avvelenante come la mela della Regina cattiva, ha colpito ancora. Benché non possano vantare diritti economici ma esclusivamente morali, agli eredi di Hugo potrebbero associarsi gli eredi di Collodi (Pinocchio), di Rudyard Kipling (Il libro della giungla), di Hans Cristian Andersen (La Sirenetta), di Charles Perrault (Cenerentola) o dei fratelli Grimm (Biancaneve), tutti ampiamente sfruttati e di volta in volta travisati dalla multinazionale dei cartoons e annessi.
Se Vincenzo Monti poteva essere bollato come “gran traduttor de' traduttor d'Omero”, Walt Disney o chi per esso (pronome neutro) va marchiato come ”gran traditor de' traditor” di ogni cosa si appropri. In nome di una pseudo e grossolana cultura americana, fagocita e digerisce (anzi, ci fa digerire) le nostre antiche e gloriose culture, quali si esprimono anche attraverso fiabe e favole, miti e leggende, poetiche invenzioni faunistiche.
Ma, tranquilli, la premiata ditta ha già approntato un remake di Cenerentola, anzi Cinderella, questa volta interpretata da attori in carne e ossa, e – notizia nella notizia – da noi le doti canore della poveretta saranno affidate alla ben nota Arisa. A 65 anni di distanza il delitto si ripete, con qualche aggravante.