Nel 55° anniversario dell'anteprima mondiale del Ben-Hur di William Wyler al Loews Theater di New York si apprende che gli americani torneranno a Cinecittà per un remake del colosso storico che vanta un po' di primati. A cominciare dagli 11 premi Oscar (su 12 nomination): miglior film; William Wyler; Robert L. Suitees per la fotografia; Miklos Rosza, per la musica; Charlton Heston, protagonista; Hugh Griffith, non protagonista; W.A. Horning, Edward Carfagno e H. Hunt per le scenografie; montaggio; effetti speciali; suono; costumi). Primato pareggiato solo nel 1997 da Titanic (11 su 14) e nel 2004 da Il signore degli anelli – Il ritorno del re (11 su 11). Primato anche per le 100.000 comparse, i 496 attori parlanti, i 14 mesi di riprese di cui 3 per la corsa delle bighe, diretta da Andrew Marton (con la partecipazione non accreditata di Sergio Leone), con un imperturbabile Mario Soldati regista della seconda unità. Primato, infine, l'ingaggio, senza precedenti, offerto dal produttore Sam Zimbalist al regista William Wyler: un milione di dollari.
Primato, da noi, prima dell'avvento delle TV commerciali nel corso degli anni '60, il fatto che Ben-Hur usciva regolarmente tutti gli anni a Pasqua, nelle sale di prima visione, con lo slogan "Il film che non vedrete mai in TV".
Ben-Hur, romanzo storico-cristologico (1880) del generale Lee Wallace, è un tormentone nazional-popolare che tiene il posto del polacco Quo vadis? nel cuore profondo americano, e il cinema se ne accorge già nel 1907, ma è nel 1926 che Fred Niblo (assistente alla produzione un predestinato ventitreenne, Wyler) ne offre una imponente versione, interpretata da Ramon Novarro. Costo 5 milioni di dollari, cifra esorbitante che, nonostante l'enorme successo del film, la M-G-M recupererà soltanto dopo molti anni.
Ancora questione di soldi. Nel 1958 la Metro è sull'orlo della bancarotta allorché si chiede a Zimbalist di realizzare una nuova trasposizione del romanzo. Le andrà bene. Il film più lungo (212 minuti) e più costoso (15 milioni di dollari) del dopoguerra renderà solo in Usa 720 milioni. Ma arrivarci è stato laborioso, a cominciare dalla scelta del protagonista: il preferito Paul Newman non ci sta, si esita su Marlon Brando, Burt Lancaster, Rock Hudson, viene rifiutato Kirk Douglas, che ci tiene moltissimo (e si vendicherà producendo e interpretando Spartacus), infine si sceglie al ribasso Charlton Heston.
Anche la sceneggiatura crea non pochi problemi: su quella originaria di Karl Tunberg pongono mano illustri scrittori quali Christopher Fry, Maxwell Anderson, Gore Vidal, che conferiscono connotazioni “gay” (in seguito sfumate) al rapporto tra Messala e Ben-Hur per spiegare l'inimicizia del primo per il secondo. Resta la questione del Cristo e della Passione. Se nel 1926 la raffigurazione era tabù o almeno da trattare con molto tatto, ancora nel 1958 non ci si azzarda molto: il Nazareno compare solo tre volte, senza mai essere mostrato in volto. Ma che accadrà nel 2015, dopo la macelleria sociale posta in opera da Mel Gibson?
È quanto ci si chiede leggendo su Il Tempo del 15 novembre 2014 l'annuncio ufficiale: «È in preparazione a Cinecittà il remake dello storico Ben-Hur del 1959, vincitore di 11 premi Oscar. La M-G-M torna negli studi con grandi costruzioni e una nuova prospettiva sulla storia: il regista Timur Bekmambetov e la scenografa Naomi Shohan ricostruiranno Gerusalemme prima della conquista della città da parte dell'Impero romano in cui Ben-Hur cresce, inizialmente amico di Messala, incontra Gesù e si converte al Cristianesimo. Nei panni di Ben-Hur c'è Jack Huston e nel cast è stato confermato Morgan Freeman. Le riprese sono previste a partire da febbraio e dureranno quattro mesi, mentre Ben-Hur sarà distribuito nel 2016».
Una nuova “Hollywood sul Tevere” ci attende, una nuova “dolce vita” è alle porte, una nuova bancarotta sarà evitata? Temiamo che tutto si riduca – Sorrentino ci perdoni – a una “grande bellezza”... I tempi sono quello che sono, e il digitale farà il resto.