Ci piace festeggiare il compleanno di Morando Morandini con le sue stesse parole, altrettante pillole di saggezza miste tuttavia a un umore malinconico (da un'intervista di Antonio Gnoli per Repubblica):
«Sono un vecchio egoista che si sorprende nel vedere che la gente gli vuole bene. [Della schizofrenia] mi affascina la micidiale separazione della personalità. Per cui una parte non sa cosa fa l'altra. In un certo senso, io che sono stato solo che un critico, per parafrasare un mio libretto di qualche importanza, non ho mai saputo veramente cosa accadesse al di là delle Colonne d'Ercole della critica. Non ho mai saputo che fossi veramente.»
«Da piccolo tendevo a identificarmi con Jean Gabin e Gary Cooper. […] Compresi che il cinema è una grande macchina del desiderio. […] Mi piaceva leggere romanzi, scrivere e andare al cinema. Sommando queste tre cose è venuto fuori Morando Morandini.»
«In fondo noi critici cinematografici siamo come degli eunuchi, piazzati a guardia di harem ma incapaci di godere realmente delle bellezze che vi sono contenute.»
«Se si afferma che Dio è morto e che qualunque cosa è ammessa, il mio primo pensiero non va al nichilismo feroce, ma allo sdoganamento del consumismo che in questi anni, non ora che tiriamo la cinghia, ci ha afflitti e ridotti a espressioni dell'onirico.»
«Non sono felice. Perché dovrei esserlo? Non ne ho motivo. C'è anche chi dice: ti è andata bene. Hai fatto quello che hai voluto. È vero, sono stato anche un uomo fortunato. Ma adesso che la maratona si sta per concludere sento di arrivare stremato al traguardo.»
Ebbene. Non lo so ancora è il titolo della sceneggiatura che Morando ha scritto con e per Fabiana Sargentini per un piccolo grande film, ed è un titolo ben augurale: il dubbio è vitalità e apre ancora un tempo per la ricerca e per la riflessione.
Andando per Morando era anche il titolo della nostra introduzione a un'antologia delle sue recensioni per la tv (Il Morandini televisivo, Falsopiano, 2004) e non era solo un gioco di parole. Era un contributo a un aspetto poco ricordato della sua vasta attività. Ne riportiamo un brano: «Ciò che colpisce di Morandini è il fatto di essere altamente presente, un critico fervido e partecipe, capace di essere pèrfido come perfìdo. Colpisce la lunghezza degli articoli, oggi inimmaginabili, che nel caso degli sceneggiati vengono ad assumere nella progressione la caratteristica di un piccolo saggio. Colpisce la presenza civile del recensore, l'uso politico che egli compie del prodotto, pur nel rispetto dell'obiettività, pur senza quasi mai trascendere: colpisce, appunto, con calma olimpica e un tot di indignazione quando necessario».