Nasce ad Augsburg, in Baviera, Bertolt Brecht (morirà a Berlino il 14 agosto 1956). I suoi rapporti col cinema risulteranno, a consuntivo, in minore rispetto all'attività del drammaturgo, del poeta e dello stesso narratore.
Nel '31, la trascrizione dell'Opera da tre soldi, enorme successo teatrale di tre anni prima - ad opera di Pabst con Béla Balàzs - e la sceneggiatura di Kuhle Wampe di Slatan Dudow (con le musiche di Hanns Eisler e il futuro attore principe del Berliner Ensemble e ulteriore interprete del Galileo, Ernst Busch, già sperimentato nel trionfo 1928 dell'Opera da tre soldi e da lì a qualche anno militante delle Brigate Internazionali in Spagna).
Più avanti nel tempo, l'infruttuoso “mettersi in fila coi venditori” sperando in contratti di sceneggiatura hollywoodiani; la collaborazione non accreditata del '43 a soggetto e sceneggiatura di Anche i boia muoiono di Fritz Lang. La sua stessa opera teatrale avrebbe trovato un solo ulteriore sbocco sullo schermo: il Galileo di Joseph Losey (che aveva già inscenato il capolavoro negli Stati Uniti nel 1947, con Charles Laughton protagonista), nel 1975, con la parte principale affidata a Topol.
A chi voglia saperne (o ripassarne) di più sulla sua vita e il suo esilio - come su quello, parallelo, di Thomas Mann: i due sarebbero mancati a un anno esatto di distanza, tra l'estate del '55 e quella del '56 - potrà apparire molto gradevole la lettura del singolare e intelligente, pur con qualche inevitabile limite, bio-romanzo di Fabrizio Pasanisi Bert e il Mago (Nutrimenti, Roma 2013, 22 euro ma ben spesi).
Così poi, magari, uno prende lo slancio dall'opportuna e doverosa bibliografia finale, e si legge-rilegge tutto Brecht - e tutto Mann! Due operazioni che ogni vivente curioso, almeno nell'emisfero occidentale, dovrebbe assolutamente compiere prima che “il tempo passi, che sulla Terra gli era stato dato”.