A scavalco dell'anno nuovo con Lillian e Dorothy (I)
In Lillian Gish pagine di ricordi / di una lunga splendida stagione. E' il titolo, mirabilmente metrico, di un'intervista a una delle maggiori attrici del ventesimo secolo, che compare, incredibilmente a firma dell'altrolunista di turno, a malapena maggiorenne, nella terza pagina -"Giovedì dello schermo"- del «Lavoro nuovo» di Genova.
Raccontato oggi, pare tutto incredibile. A cominciare dal fatto che un quotidiano di provincia, per quanto dalla storia incomparabilmente illustre, potesse dedicare settimanalmente un'intera terza pagina al cinema: prima il sabato, poi il giovedì.
Ma è tutto il giornale a essere particolare. Fondato nel 1903 da Giuseppe Canepa, con la redazione in salita di Negro (esattamente dietro quella "Sala Sivori" che aveva visto la fondazione, nel 1892, del Partito dei Lavoratori Italiani, poi Socialista), sarebbe riuscito in qualche modo a sopravvivere senza compromettersi anche durante il ventennio1. Nel dopoguerra, la proprietà fa sostanzialmente capo al PSI. Il direttore, da ben vent'anni, è Sandro Pertini (lo resterà ancora per neppure sei mesi, divenendo nel giugno '68 per la prima volta presidente della Camera). Quando arriva in redazione, verso le 17, dopo la capatina all'amato caffè "Mangini" in piazza Corvetto angolo via Roma (dove opportunamente una targa ne ricorderà l'assidua fedeltà, anche da presidente della Repubblica), si fa un silenzio che coinvolge persino le vecchie rotative.
Vicedirettore e factotum è Umberto Merani, da lui chiamato subito a rapporto. Responsabile della pagina letteraria e degli spettacoli, e critico cinematografico e teatrale, (Marco) Tullio Cicciarelli, uomo generoso e impulsivo (figlio di un famoso latinista e padre del futuro poeta Corrado, cognome d'arte Carli). Colonna della redazione spettacoli e memoria vivente del cinema, Roberto Chiti, il re degli storico-schedatori italiani. Quando subentrerà sulla piazza “la Repubblica”, avrà l'illuminata attenzione di mantenere, eccezionalmente, l'antica testata «Il Lavoro» alla propria edizione genovese. La vecchia cara redazione, che si raggiungeva inerpicandosi, una volta lasciata ospiterà (lo ha fatto fino ai mesi scorsi) il Museo rievocativo della più antica squadra di calcio italiana, il Genoa FBC.
L'"intervista", in realtà, offre soltanto -a quasi mezzo secolo lo si può... confessare!- i cascami non utilizzati di una più lunga conversazione, destinata a «Filmcritica». Edoardo Bruno la pubblicherà nel n.183-184, l'ultimo di quell'anno (e la riprenderà nel 434, aprile 1993, alla scomparsa dell'illustre interprete).
Le circostanze in cui è stata realizzata sono altrettanto particolari. Lillian Gish soggiorna a Rapallo, all'hotel Bristol, per visitare quotidianamente la sorella Dorothy, ricoverata alla clinica "Villa Chiara", dove la cura il dottor Giuseppe Bacigalupo (che ne scriverà molti anni dopo nel suo bel libro di memorie Rapallo di ieri). Suo figlio Massimo, all'epoca cineasta di punta della neofondata Cooperativa Cinema Indipendente e oggi angloamericanista di vaglia, ha fatto da generoso tramite all'incontro e fungerà anche da indispensabile interprete. L'intervistatore, parecchi anni dopo, racconterà per lettera quell'incredibile pomeriggio del 13 settembre 1967, trascorso al cospetto della Storia del Cinema fatta deliziosa e suggestiva Persona, a Ugo Casiraghi, che lo evocherà in un magnifico articolo sul settimanale fiumano «Panorama», cui all'epoca collaborava regolarmente.
Brani dell'intervista accompagneranno questa settimana di altre lune dedicate alle incomparabili carriere di Lillian e Dorothy Gish.
1«A Genova seguitò a pubblicarsi senza interruzioni il quotidiano "Il Lavoro", diretto dall'ex-deputato socialista Giuseppe Canepa, che mantenne un orientamento afascista, probabilmente strumentale per il regime, dando però modo ad alcuni scrittori non conformisti [Sbarbaro, Flora, Vittorini, Cajumi, Spellanzon, Bonfantini, Gerbi, Tilgher, Labò] di far sentire la loro voce e a non pochi lettori di leggere cose che non era normale trovare su altri fogli» (Zangrandi, Il lungo viaggio attraverso il fascismo).