A scavalco dell'anno nuovo con Lillian e Dorothy (II)
Le due orfanelle ha avuto la sua prima la sera precedente al Tremont Theatre di Boston (a New York uscirà all'Apollo, nei primissimi giorni dell'anno nuovo).
«Orphans of the Storm lo si girò all'Est, con poco denaro. Credo sia stato l'ultimo film di Griffith a riscuotere un successo commerciale». Così, sinteticamente, Lillian Gish proprio a conclusione dell'intervista a chi scrive («Filmcritica», 183-184/1967 e 434/1993).
Le riprese hanno avuto luogo effettivamente presso lo studio newyorkese di Griffith a Mamaroneck, dove «il nostro geniale carpentiere» (Gish) "Huck" Wortman ricostruisce la vecchia Parigi di fine Settecento, e la scena di massa attorno alla ghigliottina viene girata di domenica, per consentire l'adeguato arruolamento della popolazione tra i figuranti.
Pare sia stata la stessa assai intraprendente Lillian a suggerire al maestro, dopo Agonia sui ghiacci dell'anno precedente, di rivolgersi al popolare dramma di d'Ennery e Cormon, che riscuoteva consensi delle platee americane ininterrottamente dal 1875, giusto l'anno di nascita di Griffith.
Avrebbe anche fatto pressioni, la maggiore delle Gish, perché il personaggio di Louise Girard, la sorellina cieca della protagonista Henriette, venisse assegnato a sua sorella Dorothy anzi che a Blanche Sweet, verso la quale il regista pareva orientato. D'altra parte, sei anni prima, era stata a sua volta Lillian a "soffiare" il ruolo di Elsie alla stessa Sweet in Nascita di una nazione, nel modo ricordato dalla stessa interessata nell'intervista: «Quando Blanche Sweet era stanca, provavo io la parte di Elsie Stoneman. Un giorno mi si sciolsero i capelli, e lui pensò che la capigliatura bionda avrebbe forse contrastato meglio con la fisionomia del negro nella scena finale. Inoltre preferiva un corpo snello, come il mio, a quello della Sweet: così ebbi la parte».
Lillian tendeva anche a far sì che la sorella minore, di gran lunga inferiore a lei quanto a numero di film diretti personalmente da Griffith a partire dal loro comune debutto nel 1912, potesse tornare a lavorare con lui, essendo già trascorsi tre anni dall'ultima occasione precedente, il discusso Cuori dal mondo. Un plot che prevedesse un protagonismo sororale era quindi quanto di più propizio e desiderabile.
La lacrimevole storia a lieto fine, grazie alla rincorsa salvifico-griffithiana di Danton, delle due pecorelle nel turbine del Terrore, viene al solito supportata da Griffith con riferimenti culturali incontrovertibili. Ci si rifà anche a "Le due città" di Dickens e alla "Rivoluzione francese" di Carlyle, per lo scenario del "marchese Gaston de Tolignac", pittoresco pseudonimo in carattere col soggetto, sotto il quale Griffith, peraltro avvalendosi della consulenza del professor Louis Allard, uno storico di Harvard, non nasconde altri che se stesso. Per cui «l'immagine decisamente reazionaria e violenta» (Mereghetti) della rivoluzione francese va fatta risalite direttamente a lui, senza peraltro sorprendere. Sfuggono invece a tutti i potenziali raccordi con le vicende sadiane di Justine e della sorella Juliette (anche qui Henriette diviene l'amante di un libertino, mentre la cieca Louise finisce in strada a mendicare) decisamente non ancora tornate up to date all'epoca...
Per un'analisi minuziosa e documentatissima del film, si rimanda il lettore eventualmente appassionatosi ai lunghi saggi di David Mayer e Yuri Tsivian nel decimo volume (1919-1946) di The Griffith Project, curato da Paolo Cherchi Usai per le Giornate del Muto di Pordenone e il British Film Institute nel 2006.