Non si poteva certo definirlo un sincero democratico, per sua stessa ammissione, ma Carlo Romano, nato in questo giorno, è stato – almeno per chi ha una certa età – una presenza indimenticabile e soprattutto inconfondibile nel cinema italiano, vuoi per il fisico pacioso (che celava un che di mellifluo, maligno e inquietante) vuoi per la voce altrettanto rotonda, roteante, gorgogliante. Voce sempre riconoscibile, ma al tempo stesso, nella sua duttilità, dalle infinite sfumature, tali da riservare sempre qualche sorpresa.
Sbarazziamoci – si fa per dire – dell'attività di interprete per il grande schermo, una novantina di pellicole tra il 1932 (L'ultima avventura, di Camerini) e il 1974 (Il venditore di palloncini, di Gariazzo); non molti i titoli memorabili, ma quei pochi abbastanza indelebili, come i suoi torvi baffetti o i suoi scarsi capelli impomatati.. Ricordiamo Cavalleria rusticana (1939, Palermi), Quattro passi tra le nuvole (1943, Blasetti), I pagliacci (1943, Fatigati), La vita ricomincia (1945, Mattòli), Campane a martello (1949, Zampa), Domani è troppo tardi (1950, Moguy), Prima comunione (1950, Blasetti), Luci del varietà (1950, Lattuada e Fellini), Cinque poveri in automobile (1952, Mattòli), La domenica della buona gente (1953, Majano) e soprattutto I vitelloni (1953, Fellini) ove, nei panni del commerciante di oggetti religiosi Michele, si ritrova – cosa che molto lo aggrada – marito di Giulia, la rediviva Lida Baarová, già amante di Goebbels e condannata a morte per collaborazionismo, e La spiaggia (1954, Lattuada), ove dà il suo buon contributo all'ipocrisia dei villeggianti borghesi in quell'alberghetto rivierasco nei confronti della povera Martine Carole.
Trascurando l'attività di soggettista e sceneggiatore (senza infamia e senza lode, anche se mette mano a I giorni contati di Petri e a La cuccagna di Salce) quella radiofonica (oltre trent'anni) e televisiva (tra prosa e varietà), è il doppiaggio a risultare l'attività predominante, svolta per oltre un quarantennio, tanto da essere ritenuto il più grande doppiatore italiano di sempre insieme a Emilio Cigoli e a Giuseppe Rinaldi.
Anzitutto è la voce ufficiale di Jerry Lewis, con il quale pienamente lo identifichiamo, e prima ancora di Lou Costello (alias Pinotto), e poi, per restare tra i comici, di Chico e Groucho Marx, Bob Hope, Red Skelton o più tardi Louis de Funès, Bourvil e soprattutto il Fernandel di Don Camillo. Ma riesce anche a far rivivere in voce duri e vilain, quali Rod Steiger, Eli Wallach, Peter Lorre, Karl Malden; può essere indifferentemente l'Ernest Borgnine di Marty e il Peter Sellers di Il dottor Stranamore, il Fred Astaire di Cappello a cilindro e il Charlie Chaplin di La contessa di Hong Kong o il Nigel Bruce dottor Watson nella serie Sherlock Holmes, nonché – indimenticabile – l'Hitchcok di Alfred Hitchcock presenta. Anche nei film d'animazione la sua voce è una presenza costante: dal Grillo Parlante di Pinocchio al Cappellaio Matto di Alice nel Paese delle Meraviglie, sino al suo ultimo lavoro, il Nick Carter di Gulp! (“fumetti in tv”).
E l'ultimo chiuda la porta!