«Non solo Kate viola molte regole della vita e della prassi professionale, m ne stabilisce di proprie. Per molto tempo si è rifiutata di concedere autografi. Ultimamente si è un po' raddolcita a questo proposito,e ogni tanto scarabocchia la sua firma per qualcuno, dicendogli: “Rinunci a questa assurdità. È idiota, non fa che sprecare il suo tempo e il mio. Ecco, tenga”. Ancora: Katharine Hepburn, l'unica attrice che abbia vinto quattro premi Oscar, non ha mai assistito a una sola cerimonia di assegnazione. Apprezza l'onore, ma non riesce a sentirsi parte dello show.”Mi darebbe la dispepsia”, sostiene.»
Così il poliedrico Garson Kanin nella sua affettuosa, partecipe ma sin troppo discreta biografia Spencer e Katharine (1970, in Italia Longanesi, 1982), e non si potrebbe conferire miglior omaggio all'attrice, forse la migliore e certamente la più duratura, nel suo tempo e nei tempi, espressione di una Hollywood che poco sa di Hollywood.
Nata in questo giorno, di famiglia liberal (padre medico, madre suffragetta), frequentatrice di college esclusivi e sportiva praticante, si cimenta bravamente con il teatro ma, adocchiata da David Selznick, passa ben presto al cinema (con un contratto da 1500 dollari la settimana), esordendo con Febbre di vivere (1932, di Cukor), che è subito un trionfo. Instradata invano verso ruoli di vamp (La falena d'argento, 1933, di Dorothy Arzner), riesce assai meglio in personaggi di donne determinate o di maschiacci (Gloria del mattino, 1933, di Lowell Sherman; Piccole donne, 1933, di Cukor; Il diavolo è femmina, 1935, di Cukor; Maria di Scozia, 1936, di John Ford; Palcoscenico, 1937, di y La Cava; Susanna, 1938, di Hawks), ma anche in ruoli brillanti (Incantesimo, 1938, e Scandalo a Filadelfia, 1940, entrambi di Cukor).
Con La donna del giorno (1941, di George Stevens) inizia la lunga collaborazione con Spencer Tracy: lei reduce da un breve matrimonio e da una tempestosa relazione con il miliardario Howard Hughes, lui cattolico e perbenista, non disposto a divorziare; insieme costruiscono un lunghissimo rapporto sentimentale che si chiude solo con la morte annunciata di Spencer. Il loro rapporto curiosamente si intreccia a esperienze omosessuali per entrambi, la cui bisessualità è nota ma tenacemente sottaciuta, e ciò aggiunge pimento alle loro storie sullo schermo. .
Interprete di poco più di 40 film in oltre 60 anni (si amministra giudiziosamente e con caparbietà: le duole solo di non essere stata accettata da Selznick come Scarlet in Via col vento), ottiene 4 premi Oscar (mai eguagliata) e 12 nominations (oggi eguagliata solo da Meryl Streep). Volto spigoloso, magrezza inquietante, voce roca, ironia sottesa, vivacità continua, fanno di lei una grande attrice fuori delle righe (tanto che in età più avanzata riesce perfettamente a identificarsi in una donna alla ricerca di amore o almeno di affetti).
Da ricordarla in La costola di Adamo (1949, di Cukor), nel mirabile La Regina d'Africa (1952, di Huston), in Tempo d'estate (1955, di Lean), in Il mago della pioggia (1956, di Anthony), in La sottana di ferro (1956, di Thomas). Pur diradando le sue prove (nel frattempo si dedica con successo all'antico amore per il teatro), la si apprezza ancora in Lungo viaggio verso la notte (1962, di Lumet), nello splendido Indovina chi viene a cena (1967, di Kramer), in Il leone d'inverno (1968, di Harvey), in La pazza di Chaillot (1969, di Forbes). Tra le sue ultime prove Sul lago dorato (1982, di Rydell), Agenzia Omicidi (1984, di Harvey), Love affair. Un grande amore (1994, di Glenn Gordon Caron).
Muore il 29 giugno 2003 nella sua casa di Old Saybrook (Connecticut), all'età di 96 anni. Con lei si può proprio dire che finisce un'epoca.