La XIV edizione della Mostra del cinema di Venezia si chiude con una vera e propria pioggia di Leoni d’argento – I racconti della luna pallida d’agosto di Kenji Mizoguchi; I vitelloni di Federico Fellini; Il piccolo fuggitivo di Ray Ashley, Morris Engel, Ruth Orkin; Moulin Rouge di John Huston; Teresa Raquin di Marcel Carné; Sadko di Aleksandr Ptushko –, tutti film bene o male entrati nella storia del cinema, ma senza alcun vincitore.
Commenta Gian Carlo Fusco su L’Europeo: «Il pubblico del Lido non è rimasto soddisfatto di questa conclusione. La sera di venerdì, quando dal palcoscenico furono proclamati i risultati del Festival, si sentirono più fischi che applausi. Possiamo dargli torto? Non esiste pubblico al mondo facilmente disposto a giustificare i dubbi e la mancanza di decisione di una giuria; quello italiano è poi, in questo senso, il più esigente. È naturale che un popolo per natura indolente e accomodante abbia, in senso astratto, il culto dell’energia e del pugno di ferro».
Ma cos'era il pubblico di Venezia oltre mezzo secolo fa, con buona pace dell'autore di Le rose del ventennio? Un mix di accreditati (un paio di centinaia, al massimo), ancora sconosciuto il termine “cinefili” (ma non mancava qualche anonimo “appassionato”, foriero di future riconoscibilità), un bel po' di potentato locale (a vari livelli), la rumorosa gente legata alla produzione (rigorosamente romana), le delegazioni straniere (inavvicinabili quelle dell'Est europeo), qualche cortigiana. Per ovvie ragioni economiche e di mise la bella gioventù non varcava i vigilatissimi ingressi e si accontentava della caccia agli autografi.