Su RaiUno, alle 24, va in onda la quarta puntata di Cinematografo, la trasmissione con la quale la Rai torna a occuparsi tardivamente (in tutti i sensi) di cinema. Chi la conduce? Fernaldo Di Giammatteo, Pietro Pintus, Claudio G. Fava, Giuseppe Cereda, Callisto Cosulich, Vieri Razzini o altri fantasmi del passato (anche nel senso che tre di loro oggi sono defunti e gli altri si toccano)? Macché, Gigi Marzullo, quello, appunto, oltre che di Sottovoce, di Mezzanotte e dintorni e qui soprattutto i dintorni.
In proposito val la pena di riportare il «Fuori onda» di Sebastiano Messina (la Repubblica del 2 febbraio 2003):
«Guardando Cinematografo viene il dubbio, anzi il fondato sospetto, che la televisione abbia deciso di lanciare il suo attacco finale al cinema. Per sbarazzarsi una volta per tutte del suo concorrente più nobile. Ci dev'essere un piano preordinato, altrimenti non si spiegherebbe che RaiUno abbia deciso di non limitarsi più ai micidiali promo di Vincenzo Mollica nei quali tutti sono così bravi, così belli e così spiritosi da farti passare la voglia di andarli a vedere, mettendo in campo a sorpresa un secondo “addetto al cinema” e scegliendo con mossa perfida proprio Gigi Marzullo. [...] Cinematografo non è una rubrica di cinema ma un talk show sul cinema, L'idea non sarebbe malvagia, se ci fosse un altro conduttore. Ma Marzullo è lo stesso conduttore che al festival del cinema di Venezia, dopo essersi consultato a lungo con l'interprete, fece a George Clooney la sua storica domanda: "George Clooney: Venezia, Italy". Adesso si circonda di critici occasionali, fa leggere le classifiche dei botteghini a Giancarlo Leone, porta in studio qualche attore, interpella l'immancabile ministro Gasparri e poi si lancia in alcune interviste marzullesche. A Laetitia Casta ha fatto tre domande, l'ultima delle quali era: “Posso darle un bacio in fronte?” A Franco Zeffirelli ne ha fatte solo due, al telefono, tanto che il regista c'è rimasto male. “È già finita?” “Per questa volta sì, ma lei sarà spesso nostro ospite.” Replica gelida: “No, ho tante altre cose da fare”. Un anno di questa cura e il cinema è spacciato».
Non servono ulteriori commenti, se non la considerazione che la Rai ancor oggi persevera: basta ascoltare su Radio Uno le “recensioni” di Antonio D'Olivo, semplici soffietti promozionali con grande spreco di aggettivi celebrativi.