Il certificato di morte, stilato dal dottor Jeffrey Helfenstein, lo qualifica, alla voce “occupazione” come «entertainer, lavoratore in proprio». Quanto alla salma, viene inumata unitamente a una bottiglia di whisky Jack Daniels, a un pacchetto di sigarette Camel e a un accendino Zippo. I maligni aggiungono una bustina di neve. Si conclude così la vicenda umana di Frank Sinatra, lunga 82 anni e ricca in tutti i sensi quant'altre mai. Una vita vissuta his way, per parafrasare il titolo della sua più bella canzone, quel My way che tutti vorrebbero fosse eseguita in occasione della propria cerimonia funebre.
C'è infatti chi lo ricorda appunto come “the Voice” per antonomasia, l'inarrivabile crooner, “sussurratore” al microfono, secondo le nuove tecniche suggerite dall'avvento di tale mezzo. Si potrebbe dire from here to eternity, per parafrasare un altro titolo, questa volta di film.
C'è chi lo racconta come protagonista del jet set, animatore di un clan da “amici miei” con Dean Martin, Sammy Davis jr. e Peter Lawford, latin lover assicurato dalle origini sicule ma non certo confermato da un fisico ben poco atletico, con un volto bruttino da rospetto (tipo il suo emulo Johnny Dorelli) o, meglio, da brutto anatroccolo (capace peraltro di trasformarsi in cigno melodioso). E la sua carriera amorosa è da record: conta quattro mogli (Nancy Barbato, Ava Gardner, Mia Farrow, Barbara Blakeley) e innumerevoli amanti (in ordine sparso, secondo le cronache, Marilyn Monroe, Lana Turner, Marlene Dietrich, Liz Taylor, Grace Kelly, Zsa Zsa Gabor, Kim Novak, Laureen Bacall, Shirley MacLaine, Natalie Wood, Jacqueline Bisset, nonché Nancy Regan e Jacqueline Kennedy).
C'è chi non trascura il suo lato oscuro. Sincero democratico, ammiratore di Roosevelt (chiamerà Franklin il suo primo figlio), amico (e rivale in amore) di Kennedy, risulta ben impelagato (ma le biografie, anche quelle non autorizzate, come quella di Kitty Kelley, A suo modo [!], Longanesi, 1987, minimizzano) con la peggior politica e con la mafia, tra campagne elettorali, affari d'ogni genere e case da gioco. Per un strana “coincidenza”, il primo film in cui compare (esibendosi con l'orchestra di Tommy Dorsey e senza essere accreditato nei titoli di testa) è Las Vegas Nights (1941, di Ralph Murphy)...
C'è chi appunto lo preferisce al cinema, rarissimo caso di cantante (pensiamo a Yves Montand) che rivela grandi e impreviste doti recitative. Il primo film dei 57 in cui recita è Higher and Higher (1943, di Tim Whelan), il primo in cui risulta protagonista (insieme a Gene Kelly) è Due marinai e una ragazza (1945, di George Sidney), cui segue l'altrettanto fortunato Un giorno a New York (1949, di Stanley Donen e Gene Kelly). E i giochi son fatti.
Attore ora brillante ora drammatico (preferibile il secondo), è la recluta italoamericana di Da qui all'eternità (1953, di Zinnemann, Oscar come miglior attore non protagonista), il tossicomane (perfettamente mimato) di L'uomo dal braccio d'oro (1955, di Preminger), il balordo di Bulli e pupe (1955, di Mankiewicz), il giornalista di Alta società (1956, di Walters), il cantante di Pal Joey (1957, di Sidney), lo scrittore di Qualcuno verrà (1959, di Minnelli), l'ergastolano di Il diavolo alle quattro (1961, di LeRoy), il reduce di Va' e uccidi (1962, di Frankenheimer), il sergente di Tre contro tutti (1962, di John Sturges), il pistolero de I quattro del Texas (1963, di Aldrich), il gangster di I quattro di Chicago (1964, di Douglas), l'ufficiale de Il colonnello Von Ryan (1965, di Robson, sua partner, e viene da sorridere, Raffaella Carrà). Ma è sempre lui, Frankie.