Muore per un'emorragia cerebrale a 75 anni il conte Tullio Carminati de' Brambilla, in arte semplicemente con nome e cognome (era nato a Zara il 21 settembre 1895).
Attore teatrale e di cinema fin dai tempi del muto (fondandovi addirittura una propria casa di produzione quando aveva venticinque anni, ma l'esperienza della “Carminati Film”, direttore Enrico Roma, non si sarebbe rivelata felicissima) aveva per così dire “debuttato”, dopo non memorabili studi classici, scappando dalla nobile casata nel 1911 (minorenne più che mai allora...) per aggregarsi a una compagnia teatrale poi subito disciolta.
Diseredato dallo sdegno paterno e non riammesso in famiglia, gli era toccato - per fortuna sua e nostra - mettersi a fare l'attore per davvero per tutta la vita. Dopo anni di poco gloriosi “il pranzo è servito”, viene notato dall'occhio acuto di Emma Gramatica che lo fa, senza pensarci troppo, “attor giovane” con lei. Passa poi alla compagnia di Ermete Novelli, che lo forma davvero come interprete, e quindi alla Falconi-Di Lorenzo.
Sullo schermo lo fa esordire nel '14 Emilio Ghione ne La mia vita per la tua, scritto da Matilde Serao, accanto a Maria Carmi. Poi va all'Ambrosio, diretto da Eleuterio Ridolfi, e quindi alla Tiber, ancora con lui, con Genina e Caserini, fino a esordire a propria volta non memorabilmente nella direzione con La collana della felicità (è il 1916).
Tornato anche al teatro, gli sarebbero toccati - "prima" e "poi" - due snodi eccezionali: essere chiamato al proprio fianco da Eleonora Duse nel suo ibseniano ritorno alla scena del 1921, e trentadue anni più tardi impersonare fra' Domenico a fianco di Giovanna d'Arco al rogo/Ingrid Bergman, nella tournée internazionale in cui Rossellini trascinò la devota consorte, prima sulla scena, poi anche sullo schermo, approfittando delle repliche napoletane nell'omonima opera di Claudel e Honegger, un po' alla maniera dell'impresario del circo americano impersonato da Peter Ustinov con Lola Montes nell'omonimo capolavoro di Ophüls.
Negli anni tra le due guerra avrebbe conosciuto una fiorente carriera cinematografica e teatrale statunitense, troncata dall'entrata in guerra di Mussolini nel 1940, col conseguente imprigionamento per attività amtiamericane, fino all'espulsione del 1942. Avrebbe fatto in tempo a tornare in scena alla grande anche da noi, ad esempio con Visconti, la Morelli e Stoppa nell'Antigone di Anouilh, e a riproporre nel '53 quel Ferro di d'Annunzio del quale era stato il primo interprete quarant'anni prima (come lo sarebbe poi stato, tra l'altro, del Giuoco delle parti di Pirandello).
Lo si sarebbe rivisto ampiamente, sullo schermo, come caratterista assolutamente di lusso, in film importanti del dopoguerra: La certosa di Parma (1947, di Christian-Jacque), La bellezza del diavolo (1949, di René Clair), Gli uomini non guardano il cielo (1952, di Umberto Scarpelli), Vacanze romane (1953, di William Wyler), Guerra e pace (1956, di King Vidor e Mario Soldati), Olympia (1960, di Michael Curtiz), El Cid (1961, di Anthony Mann) e Il cardinale (1963, di Otto Preminger).