Ci voleva un bravo cronista del Corriere di Como.it, Marco Guggiari, alla ricerca di glorie locali, perché il 17 luglio 2012, in occasione dei suoi 80 anni, si trovassero le tracce di una “stella comasca”, da tempo scomparsa dal nostro firmamento. Parliamo di Mara Bernasconi, in arte Mara Berni, nata appunto a Brunate in quella data, e ritrovata in quel di Nizza, una sorta di buen retiro, decisamente confortevole ma utile per farsi dimenticare.
Scomparsa ma non dimenticata dai giovani ammiratori di quella nostrana femme fatale, bionda e dalla bellezza sensuale e florida, che aveva le carte in regola per emulare una Gloria Grahame o una Lana Turner, ma che venne penalizzata dalla carenza di generi a lei congeniali e anche dall'essere un po' rinunciataria lei stessa (in altri campi dirà di no al teatro di Eduardo e alla rivista di Garinei e Giovannini ritenendosi a torto inadeguata).
Eppure come attrice aveva esordito ancora bambina, aveva studiato danza e pianoforte, era stata da giovanissima annunciatrice e conduttrice televisiva e per la tv aveva discontinuamente lavorato sino alla fine degli anni '80 (memorabili la sua “madre di Cecilia” nei Promessi sposi di Bolchi, 1967, e la sua “dea Venere” nell'Odissea canora di Falqui, 1964). Si era ritirata solo nel 1989 per sposare un ricchissimo industriale pakistano dal quale avrebbe avuto, a ben 59 anni, “grazie agli aiuti della scienza” afferma, una figlia, ma dal quale si sarebbe presto, e convenientemente, separata.
Limitata agli anni '50 e '60 la sua attività per lo schermo, che inizia con La tratta delle bianche (1953, Comencini) e comprende una quarantina di titoli. Dopo averla notata “di fronte e di spalle” – al pari di Valeria Moricomu (vedi prossima Luna del 15 giugno) – in Gli italiani si voltano (l'episodio di Lattuada dello zavattiniano L'amore in città, 1953), noi la ricordiamo in La spiaggia (1953, proprio Lattuada), Anni facili (1953, Zampa), Il seduttore (1954, Franco Rossi), Buonanotte... avvocato! (1955, Giorgio Bianchi), Accadde al penitenziario (1955, Bianchi), Il moralista (1959, Bianchi), Il vigile (1960, Zampa), Totò, Peppino e... la dolce vita (1961, Corbucci), Le ore dell'amore (1963, Salce), sempre brillante, attrattiva e suadente, molto femme e poco fatale.
Di sé dice: «Adesso conduco una vita riservata, sono una solitaria, un’orsa. [...] Per la verità, non ho mai avuto grande vocazione. Un cliente di mio padre gli disse che io potevo fare cinema. Così nacque l’idea di andare a Roma con mia mamma, prima in albergo e poi in una casa. Ma io non avevo il carattere per dedicarmi al cinema; mi interessava di più il teatro. […] [Poi] mi sono dedicata alla fotografia. Ho scattato immagini di Kawabata, il primo Premio Nobel giapponese della Letteratura. Ho immortalato Virna Lisi, che mi ha dato fiducia quando nessuno credeva in me come fotografa. Settimanali illustrati, come Gioia e Amica, hanno pubblicato i miei scatti. Adesso fotografo i miei gatti e i miei fiori e, soprattutto, la mia nipotina di sei mesi». Non male come viale del tramonto.