Alla testa di millecinquecento uomini (secondo gli Usa “sconfitti”), o di 350 secondo gli incursori vincenti, Pancho Villa porta un vittorioso attacco contro la città di Columbus, nel New Mexico, che si era venuto costituendo come quarantasettesimo Stato dell'Unione quattro anni prima, al termine di mezzo secolo abbondante di annessionismo, da parte degli Usa, di un territorio radicalmente ispanico per storia, cultura, tradizione e popolamento.
Il colpo di mano, che provoca peraltro soltanto diciassette morti civili a seguito dell'esplosione di un albergo, rispetto a una guarnigione americana soccombente di seicento effettivi, innesca la dura reazione di Woodrow Wilson, al termine del primo dei suoi due mandati presidenziali e già in rincorsa elettorale per ottenere il secondo.
Un anno prima del diretto ingresso degli Stati Uniti nel conflitto mondiale, un corpo di spedizione di 10.000 uomini, al comando dei generali Pershing e Patton, viene scagliato contro Villa, sulla cui testa è accesa una taglia. Il rivoluzionario sfuggirà alla cattura, ma il vano impiego contro di lui di mezzi motorizzati, blindati, dirigibili e aerei inaugurerà sul continente nuovo il salto terribile di tecnologia bellica già in atto nel micidiale dilaniarsi contemporaneo del vecchio.
Doroteo Arango Aràmbula, in “arte” Francisco Villa detto Pancho, aveva in quel momento 37 anni, e sarebbe stato assassinato, dopo essersi illuso, tre anni prima, di potersi ritirare impunemente a vita privata, nel 1923. All'epoca, la sua epopea era già stata divulgata al mondo da Raoul Walsh, “embedded” ante litteram nel suo esercito ribelle, realizzando con Christy Cabanne e interpretando dal '12 al '14 The Life of General Villa, alternante spezzoni documentari e di finzione.
Non può escludersi - almeno fino a prova contraria - che il generale risulti la figura storica del Novecento a tutt'oggi più portata sullo schermo. Gli hanno dato vita, in un secolo, a partire da Walsh, almeno venticinque diversi attori, tra i quali signoreggia ancora, nonostante siano passati un'ottantina d'anni, l'irraggiunto Wallace Berry (che aveva già preso confidenza col personaggio negli anni del primo conflitto mondiale, interpretandolo nel serial di Jaccard e dei Wharton Patria) in Viva Villa!, iniziato da Hawks, realizzato e firmato da Jack Conway.
Ma vanno ricordati ancora Alan Reed, a fianco di Marlon Brando in Viva Zapata! di Kazan (1952) e almeno - e non solo in quanto compatriota effettivo - Pedro Armendariz (che lo incarnerà tre volte, nella trilogia diretta da Ismael Rodriguez dal '57 al '60: Pancho Villa, P.V. y la Valentina e Il trionfo di P.V.) e Yul Brynner (Viva! Viva Villa!, 1968, di Buzz Kulik: erano con lui Mitchum, Bronson, Frank Wolff, Fernando Rey e anche Jill Ireland in una particina, ma la primattrice era incredibilmente Maria Grazia Buccella, con Peckinpah a sceneggiare insieme a Robert Towne). E ancora tra gli altri Telly Savalas nel '71 (I tre del mazzo selvaggio di Eugenio Martin) ed Héctor Elizondo nel '76 in tv (Wanted. The Sundance Woman di Lee Philips), per venire fino ad Antonio Banderas, a tutt'oggi l'ultimo (se dio vuole), dieci anni fa diretto da Bruce Beresford nel tv movie Pancho Villa la leggenda.