Insolita la scomparsa, il 29 agosto 2001, di Francisco Rabal, nato in questo giorno: mentre è in volo da Londra a Montreal, dover dovrebbe ricevere un riconoscimento alla sua lunga e brillante carriera, viene colpito da infarto e a nulla serve l'intervento di un medico a bordo, né che il pilota tenti un atterraggio di fortuna a Bordeaux.
Insolita anche la sua carriera. Entrato nel cinema come elettricista, partecipa come attore di terzo piano a modeste pellicole spagnole, finché Gillo Pontecorvo non gli affida una bella parte in La grande strada azzurra (1957), accanto alla Valli e a Montand, e pochi mesi dopo Buñuel il ruolo del sacerdote contestatore in Nazarin, eleggendolo nell'immaginario collettivo come campione di stile e di ideologia, ove l'attore non è disgiunto dall'uomo. Don Luis lo vorrà ancora in Viridiana (1961) e marginalmente in Bella di giorno (1967), ma ormai Rabal vive di vita propria. (Come gli era successo in teatro, interprete addirittura dal 1947 in una filodrammatica di personaggi quali Edipo Re, il Willy Loman della Morte di un commesso viaggiatore di Miller, il Becket di Anouilh, e della recitazione teatrale conserverà in positivo lo stile)
Con il suo volto terrigno, da contadino inurbato e acculturato, intenso, insieme nobile e ribelle, si pone al servizio di ruoli assai diversi e di registi dalle varie personalità ed esigenze, sempre riuscendo in certo senso a restare se stesso (nonostante le quasi 200 pellicole interpretate). Così “lavora” per Bardem, convidendone l'antifranchismo (Sonatas, 1959, e A las cinco de la tarde, 1960) e per Saura (Llanto por un bandido, 1964), come in Argentina per Torre-Nilsson (La mano en la trampa, 1961, e Setenta veces siete, 1962), in Italia per Montaldo (Tiro al piccione, 1961), Antonioni (L'eclisse, 1962), Damiani (La rimpatriata, 1966) e Visconti (Le streghe, 1967), in Francia per Rivette (Susanna Simonin, la religiosa, 1966). Ma lo si ricorda ancora in La colonna infame (1973, Nelo Risi), Il sorriso del grande tentatore (1974, Damiani), Il deserto dei Tartari (1976, Zurlini), Così come sei (1978, Lattuada), non disdegnando film di genere e di mestiere.
Molti lo ricordano oggi per il remake americano di Vite vendute (Il salario della paura, 1977, Friedkin) o come meritato vincitore nel 1984 a Cannes per I santi innocenti di Mario Camus (uno dei tanti giovani in cui ebbe fiducia) nel ruolo del vecchio attore Azarias. Noi preferiamo ricordarlo nel curioso ruolo del regista porno in sedia a rotelle in Lègami (1990, Almodóvar), ove rivela il suo humor negro dai toni grotteschi, e soprattutto in quello del vecchio e tormentato anarchico libertario di Alla rivoluzione sulla due cavalli (2001, Maurizio Sciarra), film sulla rivoluzione portoghese del 1974 (detta dei garofani), in cui tornava a un'epoca felice.