«Mi diverte rivivere certi momenti della mia vita. Solo ed emarginato. Pensate, un uomo che ha guidato le cariche folli della cavalleria cosacca, che ha scatenato a un suo cenno uragani e terremoti, affrontato tigri e leoni, che premendo un pulsante ha fatto piombare dall'alto gigantesche cascate d'acqua, ha rovesciato degli imperi, visto morire sotto i suoi occhi efferati tiranni come Tamerlano, realizzato il sogno di tutti (quello di attraversare le strade di una città come Roma in pieno traffico cittadino a centoventi chilometri l'ora), suscitato incendi spaventosi e scontri cruenti di eserciti e questo sempre a un suo semplice cenno... ora quest'uomo è un modesto pensionato, ignorato da tutti, che sta come quel cinese in riva al fiume a veder passare i cadaveri dei suoi nemici nelle acque vorticose della morte.»
Così, con una vena di megalomania unita allo sconforto, Riccardo Freda (Divoratori di celluloide, Emme edizioni, 1981), l'uomo – e questo dice tutto – un cui film, Spartaco, venne ritirato e distrutto per non recare ombra allo Spartacus di Stanley Kubrick-Kirk Douglas.
La situazione non muterà al tempo della sua scomparsa in questo giorno, anzi. Sceneggiatore dal 1937 (una decina di pellicole in rapida successione), regista dallo stesso anno (Don Cesare di Bazan), Freda firma (anche con gli pseudonimi Robert Hampton, George Lincoln e Willy Pareto) altri quaranta film – spesso di genere storico-eroico, senza alcuna concessione al neorealismo – prima di concludere l'attività nel 1980 con Murder obsession (Follia omicida).
Sottovalutato a lungo dalla critica italiana, sopravvalutato da quella francese, trova sorprendentemente un estimatore e un “allievo” in Bertrand Tavernier. Questi scrive per lui la sceneggiatura di Moresque: obiettivo allucinante (1967), lo utilizza come collaboratore per Quarto comandamento (1987) e tenta – prima di doverlo dirigere egli stesso – di produrgli Eloise la figlia di D'Artagnan (1994), remake al femminile de Il figlio di D'Artagnan (1949). L'avventura finisce però ben presto per le insofferenze della protagonista Sophie Marceau che capta la tradizionale avversione del regista per i propri attori (eccezion fatta per la fedelissima Gianna Maria Canale e per il giovane Vittorio Gassman, diretto ne Il cavaliere misterioso, 1948) e non accetta i tempi stretti di lavorazione di cui egli va fiero.
Salutato quasi sempre da successo popolare, di Freda vanno almeno recuperati I miserabili (1947) nel genere feuilleton, Spartaco (1948), appunto, nel genere epico, Beatrice Cenci (1956) nel genere melodrammatico, L'orribile segreto del dottor Hichcock (1962) nel genere horror, e va riletto il libro autobiografico citato all'inizio.