Un'altra scomparsa che, almeno da noi, passa inosservata è quella del settantatreenne Marcello Pagliero, il cui nome tutt'al più viene associato a quello di Rossellini, e con qualche buon motivo.
Intanto, verrà eternato nel ruolo dell'ingegner Manfredi, capo della resistenza, atrocemente torturato in Roma città aperta, in cui è anche aiuto operatore. Poi, per lo stesso, collabora al soggetto di Paisà. Infine, sempre nel 1945, ha il compito di far suo un film interrotto di Rossellini, Scalo merci: ne trae il curioso Desiderio, tragica vicenda di una sedotta e abbandonata – Elli Parvo, con tanto di seno ignudo in primo piano – che arditamente si apre e si conclude con un suicidio speculare.
Un film tutto suo riesce a realizzarlo l'anno successivo, ma il godibilissimo Roma città libera (titolo incautamente furbo), noto anche come La notte porta consiglio, mix tra neorealismo, realismo poetico e surrealismo fantastico, appare solo nel 1948, e lascia sgomenti critici e spettatori, meritando l'etichetta di “film maudit”. Miglior fortuna – lui, Marcel Paglierò, che ha madre francese – gli tocca oltralpe: dirige la sua opera migliore, Un homme marche dans la ville (1949), storia di amore e di morte, nell'ambiente degli scaricatori portuali, regolarmente da noi ignorata, e si afferma come attore alla Jean Gabin (basti per tutti Dédée d'Anvers, 1947, Yves Allégret).
Il resto è un confuso rincorrersi: quello di un uomo di cinema dalle notevoli qualità che cerca se stesso ma non si ritrova quasi mai. Eppure merita il ricordo.