Sbarcata da pochi giorni a New York – è in America che spera di coronare il riconoscimento internazionale del suo Olympia – Leni Riefenstahl deve constatare che il clima per lei non è dei migliori. Non tanto per quei cronisti che le chiedono se sia l'amante di Hitler («Per lui ho fatto soltanto film documentari») ma per quel reporter che le urla: «Che dice del fatto che i tedeschi bruciano sinagoghe e danneggiano negozi ebrei e uccidono ebrei?». Dichiara sdegnata di non aver mai sentito parla della “notte dei cristalli”, che si tratta di diffamazioni dei nemici del suo paese, e le accoglienze non migliorano certo. Per sua fortuna si imbatte anche in persone tutt'altro che ostili: spiccano Henry Ford e – se ne poteva dubitare? – il baffetto Walt Disney.
Al suo rientro in Germania riferisce di quel clima a Joseph Goebbels, e il ministro della Propaganda annota puntualmente sul suo diario il 5 febbraio 1939: «In America dominano gli ebrei con il terrore e il boicottaggio».
Leni ha un contraltare, un'altra cittadina tedesca che si chiama Marlene. Ma la Dietrich, che da tempo si rifiuta di tornare nel paese natale nonostante le pressioni di Hitler in persona («L'unica ragione per cui Hitler continua a mandarmi i suoi pezzi grossi per convincermi a tornare è perché mi ha visto in reggicalze ne L'Angelo Azzurro e vuole infilarsi in quelle mutandine di pizzo»), pochi mesi dopo, nel giugno 1939, fa quel grande passo che il giornale antisemita Der Stűrmer così commenta: «L'attrice di cinema di origine tedesca Marlene Dietrich ha passato così tanti anni presso gli ebrei del cinema di Hollywood che oggi è diventata pure cittadina americana».
Marlene e Leni, due vite e due destini, posti a confronto in un bel libro di Gian Enrico Rusconi (Feltrinelli), che tra l'altro le sorprende insieme nella rara foto di copertina.