Compie settant'anni Carmen Villani, nata in quel dì Ravarino (Modena).
Mentre i musicologi ripercorrono con riconoscimenti decisamente positivi la sua precoce attività canora, il lunista di servizio non può che soffermarsi con altrettanta attenzione sul più maturo contributo all'arte dello schermo. Che inizia peraltro, anche qui, a soli diciotto anni con il coinvolgimento niente meno che in Un uomo da bruciare (1962), il debutto registico a sei mani dei fratelli Taviani con il (separabile) Valentino Orsini: sia pure in veste di cantante, che intona il motivo caratterizzante de “Un domani per noi”, appositamente composto da Gianfranco Intra col futuro “Guardiano del Faro” e grande dirigente discografico Federico Monti Arduini. Ma si dispiegherà soprattutto in coda agli anni ruggenti della carriera al microfono, valorizzando il gran bel colpo d'occhio offerto innegabilmente dall'artista, a partire da una dozzina d'anni dopo, eccezion fatta per un coinvolgimento di striscio ne Il profeta di Dino Risi (1968).
I titoli sono una raccolta impagabile di galanteria e buon gusto: Brigitte Laura Ursula Monica Raquel Litz Maria Florinda Barbara Claudia e Sofia le chiamo tutte anima mia, firmato dal consorte Mauro Ivaldi; La supplente (1975, di Guido Leoni); L'amica di mia madre (1975, dello stesso) col suo seguito allora davvero richiestissimo Ecco lingua d'argento (1976) e Passi furtivi in una notte boia (id., di Vincezo Rigo); l'inarrivabilmente raffinato La signora ha fatto il pieno (1977, di Juan Bosch); L'anello matrimoniale (1979, ancora di Ivaldi) e La supplente va in città (id., di Vittorio De Sisti). E ci si limita alla filmografia essenziale.
Non possedendo la penna e la metodologia trashlogica di Marco Giusti, ci si ferma qui: non tralasciando di ricordare che, se solo negli anni immediatamente successivi, se la “Carmen mundiàl” cui unanimemente si inneggia è la Russo, la Carmen che nel suo piccolo sfida il tempo è la Villani.