Tra gli autori di un unico film di finzione, ma importante e significativo, merita senz'altro di essere ricordato il pisano Piero Nelli, nato in questo giorno e scomparso ottantottenne il 28 giugno 2014.
Di famiglia nobiliare, destinato alla carriera militare, aderisce giovanissimo al Pci e alla Resistenza. Lineare la sua breve esperienza nel cinema: aiuto di De Santis nel 1949 per Riso amaro e Non c'è pace tra gli ulivi, nei primi anni '60 partecipa alle avventure zavattiniane di Le italiane e l'amore (1961, episodio La sfregiata) e I misteri di Roma (1963), ma nel frattempo ha realizzato tra il 1952 e il 1953, il suo unico lungometraggio a soggetto, La pattuglia sperduta.
Nel 1966 partecipa attivamente alla lotta di liberazione dal colonialismo portoghese della nascente Guinea-Bissau e realizza, secondo i moduli del cinema militante, il lungometraggio Labanta Negro, premiato a Venezia. Intensa in seguito l'attività come regista di documentari e programmi per la Rai: tra questi La radiografia della miseria (1967) su testi di Leonardo Sciascia, Parlare, leggere, scrivere. Storia dell'Italia unita tra lingua e dialetti (1969-1973) insieme a Tullio De Mauro e Umberto Eco, lo sceneggiato Il passatore (1977), La presenza perfetta (1981) da un racconto fantastico di Henry James. Nel 1963 ha fondato, con Ansano Giannarelli, la casa di produzione Reiac per la realizzazione di documentari, film industriali e programmi per la televisione.
Ma perché celebrare La pattuglia sperduta (o Vecchio regno come da primitivo titolo)? Questo film storico-risorgimentale in costume, ma realizzato con moduli neorealistici, è un piccolo capolavoro quasi a contrappunto dell'imminente Senso viscontiano (e forse non immemore del vecchio 1860 di Blasetti, per restare nell'ambito delle poche pellicole risorgimentali degne di menzione). Ma nell'Italietta dei primi anni '50 gliene accadono di tutti i colori (forse perché appare incline al rosso), sia a livello governativo sia a livello di noleggio. Tanto per cominciare, gli viene rifiutato dalla commissione ministeriale quel famoso 18 per cento di rimborso che si concedeva anche alle pellicole più ignobili, Poi non lo si lascia andare al Festival di Cannes, dove pure il film è stato scelto «da un comitato di illustri intellettuali francesi per una proiezione fuori concorso. Infine, sebbene abbia avuto una critica più che lusinghiera da giornali d'ogni tendenza, e sebbene in provincia vada bene, esso è oggetto d'ogni sorta di ostruzionismi da parte dei padroni del vapore, volevamo dire dei ras dei circuiti di sale delle grandi città».
Così denuncia Ugo Casiraghi, che continua: «Quale può essere il segreto motivo di questo boicottaggio? Forse perché la “fatal Novara” cantata anche dal poeta fu una sconfitta, e non è bene che i giovani sappiano che i loro antenati non hanno sempre vinto? Anche Visconti è stato rimproverato per aver scelto Custoza. Forse perché la ricostruzione dell'epoca storica è così antiretorica da sembrar quasi un documentario di quei tempi, e ciò scredita conseguentemente i polpettoni tipo Attila? Sottolineiamo anzi come altamente positivo il fatto che, nel filmetto di Nelli girato con pochissimi mezzi, diventino naturali anche i cheppì, i fuciloni ad avancarica e le larghe daghe dell'esercito sardo-piemontese del 1849, e che l'irrompere degli invasori austriaci incuta spavento, anche se ottenuto sullo schermo solo con un paio di dozzine di comparse. O forse se la son presa con La pattuglia sperduta, perché questi soldati di Carlo Alberto, questi otto uomini laceri, sfiniti, ma coscienti e disciplinati, questo intellettuale napoletano, questo montanaro piemontese, questo marinaio ligure, e poi questo eroico vecchio contadino che sembra quasi un papà Cervi, sanno tutti perché combattono e perché si sacrificano, e inavvertitamente, man mano che il film procede e la commozione ci serra alla gola, ricordano i moderni partigiani?»