Poteva essere questo il titolo (scherzoso ma affettuoso) suggerito da Tatti Sanguineti per un libro che raccogliesse, nel 1978 ai tempi del suo prematuro pensionamento, un'ampia scelta delle sue recensioni, ma l'interessato, nonostante la fiducia e l'amicizia per il qui sottoscritto proponente, non firmò mai quel contratto assolutamente libero e aperto, in quanto non voleva avere a che fare con un editore “borghese”.
Così era fatto Ugo Casiraghi, nato a Milano in questo giorno e scomparso a Gorizia il 7 gennaio 2006, tant'è che in vita nessuno dei suoi libri e scritti vari apparve presso editori tradizionali. Non solo. Fra tutti i critici quotidianisti del dopoguerra fu forse l'unico cui non si potessero attribuire “compromissioni” varie con poteri economici e istituzionali, “marchette” insomma. Sarebbe contato, invece, il rapporto con il partito, quello comunista naturalmente, la sua fede, la sua religione laica, ma un rapporto non supino, problematico, anche sofferto, con sviluppi critici via via verificati. Qualcosa che oggi, quando si condannano le “nebbie” dell'ideologia, si fatica a comprendere.
Critico cinematografico de l'Unità, edizione milanese, dal 1947 al 1977, e del mensile Il Calendario del Popolo dal 1947 al 1967, si segnala per passione, acume, assiduità, profondità di ricerca, spesso estensione dei pezzi. Sul quotidiano comunista resta memorabile il simbolo della luna (piena, crescente, calante o nera) che sintetizzava il suo giudizio.
Ai due estremi della sua attività si collocano, entrambi misconosciuti, Il Popolo di Lombardia e Panorama. Dal primo, settimanale in pieno fascismo, è giovanissimo critico tra il 1940 e il 1941, alternandosi con l'amico Glauco Viazzi; poi viene richiamato alle armi e finisce internato in un Lager tedesco, dal quale ritorna solo nell'agosto 1945. In sua assenza Viazzi cura l'edizione del libro Umanità di Stroheim e altri saggi (Il Poligono, luglio 1945) che resta ancor oggi un punto di riferimento. Sul secondo, quindicinale croato in lingua italiana, è autore molto assiduo di scritti storico-saggistici tra il 1979 e il 1999. Anche le sue ricerche sono insolite per la pubblicistica storica nostrana, volte come sono a indagare su cinematografie da noi sconosciute o quasi: anzitutto quella cinese, e poi la cecoslovacca, la cubana, l'ungherese.
Quest'uomo schivo, apparentemente modesto quanto sicuro di sé, gran parlatore ed evocatore, per molti maestro oltre che compagno, non è stato dimenticato, anzi continua a vivere e a rivelarsi attraverso i libri che un amico sta curando per lui: Alfabetiere del cinema (Falsopiano, 2006), Naziskin, ebrei ed altri erranti (Lindau, 2010), Vivement Truffaut! (Lindau, 2011), Storie dell'altro cinema (Lindau, 2012) e l'imminente Il cinema del Calendario. Forse un risarcimento.