Nasce a Sosnicy Cernigovskij (Ucraina), pochi mesi prima delle dimostrazioni dei Lumière antecedenti alla serata Gran Cafè, Aleksandr Petrovic Dovzenko.
Figlio di contadini, si diploma - primo studente in una famiglia di analfabeti - a Kiev nel 1911, e inizia la carriera di maestro elementare, attratto però tanto dalla pittura che dallo scrivere. Allo scoppio della rivoluzione, dopo un breve periodo di militanza nei bianchi, si arruola nell'Armata Rossa, avendo come comandante il leggendario Nikolaj Sciors, la cui biografia filmerà vent'anni dopo, alla vigilia del secondo conflitto mondiale. Ne sortisce una peraltro breve carriera diplomatica a Varsavia, Monaco e Berlino, dove ha contatti col gruppo Die Brücke.
Tornato in Ucraina, svolge attività giornalistiche locali: ma un suo soggetto inviato agli studi cinematografici di Odessa viene accettato, realizzandone anche la regìa in collaborazione: Vassia il riformatore (1926). Segue immediatamente, a sua sola firma, I frutti dell'amore (in chiave comica), e rispettivamente due e quattro anni dopo, i primi risultati assoluti: Zvenigora (ammirato da Ejzenstejn e Pudovkin) e La terra.
Passato al sonoro con Ivan (1932), è accolto alla Mosfilm, e tre anni dopo riceve il premio Lenin girando tra la Siberia e Mosca Aerograd, cui segue nel '39, su diretta imbeccata di Stalin (che gli accorderà il premio intitolato a se stesso), tra incertezze e stravolgimenti ideologici imposti a una realtà storica che pur conosceva per diretta esperienza personale, il ricordato Sciors.
Durante la guerra interrompe l'attività, dedicandosi alla narrativa e aiutando la moglie Julia Solntseva nella realizzazione di due compilazioni di cineattualità belliche, La battaglia per l'Ucraina sovietica e Ucraina in fiamme – Vittoria in Ucraina e cacciata degli aggressori tedeschi dai confini dell'Ucraina sovietica (1943 e 1945), la cui sceneggiatura gli costa peraltro un'accusa di deviazionismo nazionalista in patria e un conseguente esilio a Mosca.
Torna alla regìa nel '48-'49 con Miciurin, suggestiva e profonda, ma manipolata e contraddittoria biografia a colori del grande scienziato deceduto ottantenne nel '35, adombrante l'apologia delle posizioni del bio-agronomo Lysenko, imposte da Stalin, dopo la cui morte nel '53 riapproda di nuovo in patria.
Muore a Mosca il 25 novembre 1956, lasciando appena iniziato il film successivo, Il poema del mare, che la consorte-collaboratrice tenterà poco felicemente di ultimare, come successivamente vorrà tradurre in film i suoi restanti progetti non realizzati: Storia degli anni di fuoco (1961), La Desna incantata (1965) e L'indimenticabile (1968).