Si fa le ossa in Francia come Visconti e Antonioni, dirige nel 1942 un film che potrebbe essere antesignano del neorealismo, costruisce con grande sensibilità ritratti femminili che anticipano quelli di Pietrangeli, dirige una delle più belle “favole” zavattiniane dopo Miracolo a Milano, eppure scarso è il suo spazio nelle storie del cinema (causa anche la sua prematura scomparsa a soli 49 anni). Il suo nome è quello del fiorentino Gianni Franciolini, cui attribuisce i giusti meriti forse il solo Simone Emiliani, sull'Enciclopedia Treccani del cinema.
È Fari nella nebbia (1942) «torbida e disperata storia d'amore che vede protagonista un camionista abbandonato dalla moglie e sedotto da un'ambigua dark lady, che mise in luce il suo stile secco ed essenziale, debitore da una parte di quel fatalismo del realismo poetico francese e anticipatore dall'altro di certi elementi propri del neorealismo (l'uso degli esterni)».
«Buongiorno, elefante! (1952), storia di un maestro con famiglia a carico che, dopo aver ricevuto minaccia di sfratto, risolve i suoi problemi economici grazie a un elefante regalatogli da un sultano indiano, unì alle istanze del neorealismo la dimensione favolistica che aveva già percorso Miracolo a Milano (1951)», mix che era già presente in La sposa non può attendere (1949).
Memorabili poi i ritratti femminili che disegna con Alida Valli (Ultimo incontro, 1951, e Il mondo le condanna, 1953), melodrammi non privi di sperimentazioni visive e sonore, la stessa Valli cui dedica l'amaro episodio autobiografico di Siamo donne (1953).
Abile nel gestire i variegati episodi di Villa Borghese (1953), replica nella dimensione novellistica con Racconti romani (1955, David di Donatello per la miglior regia), Le signorine dello 04 (1955) e Racconti d'estate (1958). Conclude con il fastoso film in costume Ferdinando I re di Napoli (1959), in cui riesce a gestire, impresa non facile, tutti e tre i fratelli De Filippo.