Anche le Lune, vecchie o nuove, ogni tanto devono fare ammenda. Nel lontano 1969, al cinema Tonale di Milano (ora caserma della Finanza), abbandonarono – per la prima e ultima volta nella loro vita – la sala alla fine del primo tempo, in ciò indotti anche dalla scandalizzata compagna di allora, evidentemente poco interessata a questioni di orgasmo femminile. Si proiettava Brucia, ragazzo brucia di Fernando Di Leo.
Reiterando la “colpa”, il 2 dicembre 2003, in occasione della morte del settantunenne – è nato appunto nel '32 – regista foggiano, si vantavano addirittura del malfatto, ironizzando sull'apprezzamento di amici quali Steve Della Casa e Alberto Pezzotta e sull'influenza riconosciuta da Quentin Tarantino. Non diciamo degli altri suoi film, i pur oggi apprezzabili Il boss e Milano, calibro 9, entrambi del 1972, ma quella pellicola, dalla fotografia efficacemente sovresposta (dà il senso di ogni tipo di calore) e dall'abuso intelligente di camera a mano (dà il senso del turbamento e dello sgomento), merita molta attenzione, anche se finalmente vista, ahimè solo su YouTube.
Più che un eros-film, pare un'emulazione di certa nouvelle vague d'oltralpe. Ma meritano l'encomio anche le sue due attrici, assolutamente “naturali”. Ovviamente Françoise Prévost, una che, prima di Brucia ragazzo, brucia, è stata la musa ispiratrice di Pierre Kast (Le bel âge, La morte saison des amours e Vacances portugaises), lavorando anche per Rivette e Allio, insomma cinema intellettuale. Ma da non trascurare la misteriosa Danika (Pajoviċ) La Loggia, attiva solo da 1968 e il 1987, che piace a Di Leo (la vuole anche in I ragazzi del massacro e in Razza violenta) ma incredibilmente pure a Fellini (che la impiega in Fellini Satyricon, E la nave va, Ginger e Fred).
Ovvero, in entrambi i casi, quando gli estremi, si fa per dire, si toccano.