Un tumore esorcizzato per un quarto di secolo e combattuto coraggiosamente, fino a descrivere le proprie esperienze in un libro (Ma vie en plus, 1975) e a riviverle nella sceneggiatura di un film (L'amour nu, 1982, di Yannick Bellon), è infine la causa della morte in questo giorno di Françoise Prévost, un'attrice di cui si è persa un poco la memoria.
Eppure la figlia dello scrittore Jean Prévost, membro della Resistenza e ucciso nel massacro del Vercors. e della giornalista Marcelle Auclair (fondatrice del settimanale Marie Claire), e giornalista e scrittrice a sua volta, nel cinema dal 1949 (Jean de la Lune di Marcel Achard), meriterebbe di più.
Dopo prove incolori con Yves Allégret (I miracoli non si ripetono, 1951; Naso di cuoio, 1952) viene riscoperta dalla nouvelle vague (Paris nous appartient, 1958, di Jacques Rivette) e soprattutto da un regista sensibile ai risvolti amorosi quale Pierre Kast, anche lui meritevole di una maggior valutazione.
Con lui interpreta La dolce età (1960), fine analisi dei rapporti sentimentali; La morta stagione degli amori (1961), studio psicologico di un'anomala “coppia a tre”; un episodio di Antologia sessuale (1963), sino a recuperarlo con Le soleil en face (1980). Dopo un bel ruolo in La ragazza dagli occhi d'oro (1961, di Albicocco), è prontamente adottata dal cinema italiano (Il mare, 1962, di Patroni Griffi; I sequestrati di Altona, 1962, di De Sica; Un tentativo sentimentale, 1963, di Franciosa e Festa Campanile; Il processo di Verona, 1963, di Lizzani). Ma il suo film più famoso da noi resta lo “scandaloso” Brucia, ragazzo brucia (1969, di Di Leo), curioso tentativo, non privo di trasgressioni, di raccontare la scoperta dell'orgasmo femminile in stile N.V., e dove la protagonista riesce a rendere perfettamente credibile il personaggio di una non più giovanissima moglie insoddisfatta.
Negli anni '70 – aperti da un'ottima prova come protagonista, accanto a Jacques Brel, di Mont-Dragon (1970, di Jean Valère) – partecipa a un dilatato (1977-1983) e un po' sconnesso film di Rivette, Merry-Go-Round. Poi, negli intervalli delle cure, affrontate con la determinazione di non cedere, cede spesso alle lusinghe del cinema commerciale, ma senza che la sua immagine, estremamente femminile, ne venga intaccata.