Ai tempi di Carosello, tra tanti famosi testimonial, ve ne fu uno – forse meno famoso di altri colleghi – che resse il ruolo per ben 17 anni, dal 1957 al 1974, contribuendo a inserire nel linguaggio comune l'espressione “Basta la parola!”. Divertente ma anche istruttivo – come voleva la tv di Bernabei – il suo spot, che introduceva ai misteri e agli equivoci della lingua italiana, attraverso spassose sit-com in miniatura, prima di svolgere una funzione salutare: reclamizzare il confetto lassativo Falqui, al sapore di prugna.
Non fosse che per questo, Tino (Ernesto) Scotti, nato in questo giorno, meriterebbe la memoria dei posteri, oltre che per il fatto che questo singolare uomo di spettacolo sta al cinema come Fred Buscaglione sta alla canzone: personaggio prima ancora che artista. Tale si rivela alla radio (la rivista Rosso e nero, 1950-1952), in teatro, in televisione, attraverso inconfondibili sketch, contrassegnati da uno scilinguagnolo esasperato, da un mimetismo vocale, da una sorta di contorsionismo corporale, da una mimica frenetica. Con qualità che potevano anche toccare risultati alti, come seppero capire in teatro Giorgio Strehler (lo shakespeariano Pene d'amor perdute) e Franco Enriquez (le goldoniane Baruffe chiozzotte) e al cinema Bernardo Bertolucci (La strategia del ragno, 1970) ed Elio Petri (Todo modo, 1976).
Sullo schermo era apparso la prima volta nel 1940 (Il pirata sono io!, di Mattòli), accumulando, specie negli anni '50, una notevole serie di ruoli come caratterista (da ricordare almeno La famiglia Passaguai, 1951, di Aldo Fabrizi), ma una mezza dozzina di volte venne promosso – con alterni esiti e fortune – protagonista: È arrivato il cavaliere (1950, di Monicelli), Milano miliardaria (1951, di Marchesi e Metz), Il mago per forza (1951, di Marchesi e Metz), Il tallone d'Achille (1952, di Amendola e Maccari), I morti non pagano le tasse (1952, di Grieco), Fermi tutti, arrivo io! (1953, di Grieco). Almeno un paio di titoli, se le tv non fossero pigre, o se i proprietari non avessero la coda di paglia, meriterebbero di essere riproposti,
Prima di qualcun altro, Scotti diventa il Cavaliere per antonomasia, un gigolò di classe, celebre per il suo salvifico motto “Ghe pensi mi” (“Ghe, nome; Pensi, cognome; MI, targa”). Oltre che configurarsi, altro personaggio, come il Bauscia, il milanesone sbruffone, e anche qui avrebbe avuto degli epigoni. Basta digitare su Google il detto motto, per verificare che Tino Scotti è stato rimosso a favore di un altro (ex) cavaliere. Chissà se quest'ultimo avrebbe funzionato anche come promotore di un lassativo.