Con la riforma della Rai, il telegiornale della Prima rete diventa Tg1 (direttore, indicato dalla Dc, Emilio Rossi), quello del Secondo canale Tg2 (direttore, indicato dal Psi o meglio dalla corrente lombardiana, Andrea Barbato).
Mentre il primo non lascia traccia di sé, se non per il fatto che venne “gambizzato” dalle Brigate rosse il 3 giugno 1977, appuntiamo la nostra attenzione sul secondo nome. Giornalista di lungo corso, è uno dei primi esempi di anchorman che, pur dalle inflessioni non ortodosse e dalla dubbia telegenia, esprime indubbio carisma, sin dai tempi delle dirette dell'assassinio di Robert Kennedy (5 giugno 1968) o dello sbarco sulla Luna (20-21 luglio 1969), e riesce a personalizzare la notizia.
Lo confermano anche i successivi programmi da lui ideati e condotti: Va' pensiero, Fluff e soprattutto Cartolina (847 puntate di 5 minuti dal 1989 al 1994) ove rigorosamente in un primo piano, sornione e moderatamente indignato, si rivolge ai potenti di turno invitandoli a un discorso più civile e ammonendoli, se del caso, con ironia e arguzia.
«Onorevole Giulio Andreotti, anche se la stagione politica non le è certo favorevole, anche se nella Democrazia cristiana s'impone il desiderio di un rinnovamento, anche se il suo ultimo governo è considerato una delle cause del dissesto di questo paese, almeno in un campo viene ancora automatico rivolgersi a lei: ed è quando si parla dei guai (non sportivi, ma societari) di quella squadra di calcio per la quale lei fa il tifo da sempre: la Roma» (24 marzo 1993, ora in Cartoline, l'Unità, 1994).
Una personalità del genere non poteva essere estranea al cinema. Più che per lo sceneggiato televisivo Caravaggio (Silverio Blasi, 1967), il soggetto di Gott mit uns (Montaldo, 1969) o una sceneggiatura per Maselli (Fai in fretta ad uccidermi... ho freddo, 1967) e due per Emidio Greco (L'invenzione di Morel, 1974; Una storia semplice, 1991), ci piace ricordarlo per il contributo, fondamentale oseremmo, a Chung-Kuo – Cina, lo sfortunato documentario tv di Antonioni (1972): non solo segue la lavorazione e scrive i testi (raccolti nell'omonimo volume Einaudi del 1974), ma a quella straordinaria esperienza dedica un godibilissimo romanzo (A sinistra nella foto, Rizzoli, 1987) senza riferimenti espliciti ma ove è opportuno e anche divertente leggere tra le righe.
Quel documentario, girato peraltro aggirando spesso la vigilanza delle autorità, è quasi causa di un incidente diplomatico. Il Quotidiano del Popolo lo definisce «spregevole», «una provocazione sfrenata contro il popolo cinese», mentre l'autore viene considerato «buffone» e «fascista». La tesi viene fatta propria da alcuni gruppuscoli e critici italiani, ignari che nel retroscena stessero problemi di equilibri e revisioni politiche (tra Rivoluzione culturale e Banda dei Quattro).
Occorrerà attendere il 26 novembre 2004 perché, con un atto di vero e proprio disgelo (dovremmo dire sdoganamento?), il film venga proiettato a Pechino, nell'ambito di una retrospettiva antonioniana curata da Carlo di Carlo, i biglietti vadano a ruba come i dvd disponibili e tutti i giornali cinesi ne parlino positivamente. Ma Barbato, scomparso il 12 febbraio 1996 e amareggiato per l'esilio decretatogli dalla Rai, ovviamente non può compiacersene.