Capita raramente che un premio Pulitzer per la narrativa (assegnato in questo giorno), un premio Nobel per la letteratura e un premio Oscar (sia pure marginale) siano all'insegna dello stesso piccolo libro. Accade con Old Man and the Sea (Il vecchio e il mare), uno dei libri più intensi e duraturi di Ernest Hemingway, un autore che fu tutto per qualche decennio (macho, eroe, mito, modello di scrittura e di vita) con qualche confusione tra i vari piani per poi essere ridimensionato a sfruttatore letterario delle proprie avventure vere o presunte e a uomo debole, pieno di complessi, alcolizzato, depresso sino a scegliere il suicidio. Eccessivi entrambi i ritratti, come eccessivo era stato, in ogni caso, lui stesso.
Oggi può far sorridere, con il suo marlin bianco di cartapesta e polistirolo, la barchetta ripresa in una pozza d'acqua, le intemperie realizzate in studio, ma la trascrizione de Il vecchio e il mare, che John Sturges diresse nel 1958, non fosse che per la sofferta interpretazione di Spencer Tracy, resta un film non trascurabile, e i tre giorni e le tre notti che il vecchio pescatore Santiago trascorre in mare con gli squali che man mano divorano la sua gigantesca preda conservano il valore di una grande metafora e insieme, nonostante gli artifici, un taglio realistico fedele all'originale (anche perché eccezionalmente lo scrittore contribuisce alla trasposizione).
Certo non è stato felice il connubio tra “Papa” Hemingway e Hollywood, come ben documenta un puntuale saggio di Pierfranco Bianchetti (Cinecritica 64, ottobre-dicembre 2011). Oltre a Il vecchio e il mare, 14 titoli: Addio alle armi (1932, Borzage), Per chi suona la campana (1943, Sam Wood), Acque del Sud (1944, Hawks), I gangsters (1946, Siodmak), Passione selvaggia (1947, Zoltan Korda), La sua donna (1950, Negulesco), Golfo del Messico (1950, Curtiz), Le nevi del Chilimangiaro (1952, King), ancora Addio alle armi (1957, Charles Vidor), Il sole sorgerà ancora (1957, Vidor), Agguato nei Caraibi, 1958, Siegel), Le avventure di un giovane (1962, Ritt), Contratto per uccidere (1964, Siegel) e, dopo un lungo silenzio, Isole nella corrente (1977, Schaffner).
Per l'interessato, il prediletto, forse l'unico, è I gangsters ovvero The Killers; per il critico meritano, e parecchio, anche il suo remake Contratto per uccidere, e le tre versioni di Avere e non avere (Acque del Sud, Golfo del Messico e Agguato nei Caraibi). Ma nonostante questi ottimi tentativi la sua scrittura, benché così “cinematografica”, per lo schermo resta inarrivabile.