Dieci anni fa ci lasciava, a 69 anni, Lino (Niccolò) Micciché: ammirato, temuto, anche detestato quant'altri mai, ma forse, nel cinema e dintorni, il maggior punto di riferimento dell'ultimo mezzo secolo e la figura più complessa. Per chi scrive, nonostante certe differenze, anche un singolare amico.
Come ricordarlo? Intanto il critico militante che esercita sul glorioso «Avanti!» di Nenni e Lombardi per trent'anni, rinunciando nel 1989 alla rubrica (e alla tessera del Psi) di fronte allo strapotere craxiano (lo si ritroverà critico su RaiTre, tanto giustamente aggressivo quanto scarsamente telegenico).
Nel frattempo il cineasta, autore di documentari giovanili ma soprattutto, con Lino Del Fra e Cecilia Mangini, dell'epocale All'armi, siam fascisti (1962), un film di montaggio che lascia il segno e ne precede tanti altri. Poi lo storico, che fino all'ultimo inquadra, classifica, sistema il cinema italiano del dopoguerra, con lucidità e vigore, dando ovviamente la precedenza all'amato Luchino Visconti, oggetto mirato di importanti studi.
Infine, tra invenzione, organizzazione e gestione, l'uomo pubblico: dai Cuc (Circoli universitari cinematografici) alla Mostra del Nuovo Cinema di Pesaro (fondata nel 1965 e personalmente guidata sino al 1988); dall'insegnamento universitario (a Trieste, Siena, Roma, compresa la creazione della Cuc, Consulta universitaria cinematografica) ai ruoli di presidente della Biennale (1979), di presidente della Scuola Nazionale di Cinema (con il rilancio di «Bianco & Nero»), senza dimenticare la presidenza del Sindacato Critici (con il rilancio della rivista Cinecritica).
E ancora l'aspetto editoriale, con l'intenso progetto della «Biblioteca di Bianco & Nero», gli splendidi volumi della collana retrospettiva «Philip Morris Progetto Cinema» (con tanto di restauro dei film relativi) e infine l'ambizione in assoluto: una Storia del cinema italiano in 15 volumi (quasi tutti usciti) a tutto campo.
Indimenticabile (e insostituibile) per chiunque lo abbia conosciuto o abbia lavorato con o per lui, nel suo misto di certezze storico-critiche e di determinazione nell'esercizio del potere, di sensibilità e di prepotenza, di disponibilità e di severità. Lo si può rivedere nel film Bonus malus (1993, di Vito Zagarrio), ma soprattutto nel documentario Lino Micciché, mio padre - Una visione del mondo (2013), realizzato affettuosamente dal figlio Francesco con materiale di repertorio (anche inedito, come per la contestazione del 1968) e testimonianze di vari registi (Bertolucci, Bellocchio, Maselli, Lizzani, i Taviani).